Siamo giunti alla seconda tappa del nostro percorso e anche in questo caso si è deciso di accorpare due piccoli archi narrativi, che corrispondono al gruppo numeri: 667-669, 672-675. I numeri mancanti sono parte di una storia crossover – la resurrezione di Ra’s al Ghul – che si estende anche sulle testate di Nightwing, Robin e Detective comics ma che per il momento mettiamo da parte. Il primo arco narrativo che prenderemo in esame, il guanto nero, è parte integrante del folle progetto-continuity di Morrison; il quale prova a condensare in un decennio, decenni pubblicazione. Personaggi accantonati fra la Golden Age e la Silver Age ricompaiono qui come elementi del passato – narrativo e meterannativo – di Batman. Tutto questo macro-arco narrativo è una sorta di esperimento mentale. Si è detto come la run di Morrison sia decisamente un ciclo di storie moderne, adatte a nuove generazioni di lettori. Sfido chiunque non sia vissuto con le storie della Golden Age a leggere queste prime pagine senza avere un senso di disagio, di inadeguatezza. 

I Bat-Boomer

Ma cosa succede esattamente? Batman viene coinvolto in una strana rimpatriata su di un’isola, qui vengono ospitati detective mascherati, come il nostro Batman, che nella Golden Age e nella Silver Age hanno fatto più di una volta capolino nelle storie dell’incappucciato. Sarebbe utile, per ricostruire editorialmente alcune di queste tappe essenziali, possedere il già citato schedario nero. Qui scopriremmo come, questi strani figuri, siano comparsi in un’epoca ormai perduta (e da Morrison recuperata). Per dare alcune utili coordinate: Batman-indian chiefs! (1954), Detective comics 215 The Batman of all nation (1955), world’s finest 89-the club of heroes (1957), Detective comics 267 batman meets bat-mite 1959.

Il nuovo lettore viene incarnato nel giudizio di Robin nei confronti di questi personaggi: weird

Ci appaiono fuori luogo, fuori dal tempo. È straniante, e lo è perché avvertiamo un cambiamento radicale. Il più di noi “giovinastri” ha una visione ben precisa di Batman, che poco appartiene a questi tempi lontani. Morrison ne è consapevole e il suo è un continuo gioco di narrazione e metanarrazione. Una foto ricordo (narrativo) è un’immagine della Golden Age (metannarativo). Dei flashback (narrativo) sono pagine ingiallite e consumate con disegni puntellati (metanarrativo), a opera del buon J.H. Williams III, il quale accompagna il vivace e dinamico Tony Daniel in questa storia bifronte.

Percependoli come personaggi “sbagliati” ci rendiamo conto di trovarci nella contemporaneità che stavamo cercando. Comprendiamo, dai tanti riferimenti del passato, come Morrison fosse un assiduo lettore prima e un folle e ambizioso scrittore ora. Provare a far quadrare l’età dell’oro e dell’argento in un passato di Batman (non editoriale si intende e dalla durata di circa 10 anni biografici) è un lavoro impressionante. Tuttavia Morrison è un autore di un’altra epoca e la via più diretta che trova per maneggiare personaggi così retrò è deostruirli. L’idea di perfezione e positivi intenti che queste figure rappresentavo si sgretolano nei nostri tempi. Gli eroi di ieri sono figure ai margini della società, sovrappeso, vicini alla depressione, folli o con un irriducibile complesso di inferiorità nei confronti di Batman, un tempo loro pari. Annegano nei ricordi, insoddisfatti di un presente che non gli appartiene più. Tutta la storia strizza un occhio al passato, con l’incedere e i topoi di un racconto con omicidio in casa; un cluedo in cui di certo non è Alfred il colpevole. Anche qui l’autore gioca sul piano metanarrativo, facendoci notare come i criminali oggi non ci perdano molto tempo nell’escogitare complicati piani malvagi e tutto sia più diretto, come un colpo di pistola [con cui poi si apre la run di Grant o la vita di Batman, NdR]. Alla fine Batman, da detective, svela il colpevole: ovviamente una delle sue versioni parallele internazionali, quella che più soffre – cadendo nella follia – di un senso di totale inadeguatezza e inferiorità nei confronti di Bruce: Wingman. Il mandante è il guanto nero e per ora non ci è necessario sapere altro.

Esser pronti a tutto

Dopo un numero 666 piuttosto distante e un arco narrativo vintage, finalmente con gli ultimi quattro numeri che prenderemo in esame si riprende da dove ci eravamo lasciati: chi sono i tre Batman alternativi e perché Bruce ne ha il ricordo? 

Quello che sembrava appartenere ad una dimensione mistica ha un verità molto più terrena. I tre Batman non sono un presagio di realtà alternative, ma concreti poliziotti addestrati e devastati mentalmente per poter sostituire Batman nell’eventualità che a questi succeda qualcosa. I risultati sul crimine sono tangibili e farebbe comodo se qualche poliziotto avesse le stesse capacità e risorse del Batman originale. Tuttavia, il losco progetto del dottor Simon Hurt ha risultati grotteschi. Simon Hurt è, a sua volta, una vecchia conoscenza editoriale. Comparso per la prima volta in Batman 156 (1963), ma radicalmente mutato (soprattutto in seguito) da Grant Morrison. Già che siamo in vena, come successivamente renderà noto Morrison stesso, anche il guanto nero fa riferimento a qualcosa proveniente dal passato, un film del 1954. Tornando però al presente, un periodo di privazione sensoriale subito da Bruce e uno studio di Hurt sul linguaggio corporeo dell’incappucciato, portano al risultato clinico, essenziale e inalienabile, che Batman sia frutto di un trauma. Trauma indotto forzosamente poi nei futuri Batmen, creando però dei veri e propri mostri. È durante la privazione sensoriale che Bruce sogna queste sue tre versioni alternative, ponendogli il dubbio che queste immagini fossero volutamente indotte nella sua mente. In questi quattro numeri avremo momenti poco lucidi, deliranti, violenti, con misteriosi cammeo di bat-mito (il fastidiosissimo abitante della quinta dimensione, il Mr mxyzptlk di Batman).

È bene notare come il finale di questa storia ci insegni che Batman non sia solo trauma e dolore. Batman è prontezza, progettualità. Una variabile dell’equazione (dell’antivita) che permette a Bruce di sfuggire dalle grinfie dei Batmen oscuri, e che gli ha permesso di non cedere rapidamente e facilmente alla vendetta [si noti come questo tema di Batman come la fonte dei soldati perfetti, sorti dal dolore, sia una precongifurazione di Crisi finale, NdR]. La semplicità di un colpo di pistola di cui parlavamo,  è una soluzione non contemplata. A far compagnia ad un trauma mai elaborato vi è la ferrea volontà di rendere Gotham migliore; con gli omicidi si finirebbe per peggiorarla andando a dare a questa città solo un criminale in più (tre nel caso dei poliziotti).

La differenza la fa la lucida progettualità, la preparazione, il piano. Tutto ciò allontana Bruce da fragili tentazioni, dalle facili soluzioni. La crociata è una crociata poiché infinita, e questo – come ci insegna Miller – non fa che alimentare viziosamente l’esigenza di esser Batman, come catarsi dal proprio dolore. Il dolore, la maschera che lo ricopre, il vuoto sono ciò che è Bruce Wayne e non Batman (come Rorschach, insomma). La vera maschera è quando non vi è una maschera, e Morrison ci lancia questi segnali nell’altro lato delle sue storie, quello dedicato a Bruce Wayne e la nascente relazione con la super modella Jezebel Jet. Ciò che doveva essere una copertura per Batman, una vita mondana nuovamente sotto ai riflettori, utile per distogliere eventuali sospetti, è proprio ciò che fa saltare la copertura. Salta perché inizia a diventare una cosa vera, e tutto ciò che è vissuto e reale ha poco a che fare con Bruce Wayne; è naturale che Batman emerga quando le difese iniziano a cedere e la falsa si sgretola. 

Epiloghi di Morte

Cosa accomuna questi due archi narrativi, così diversi per stilemi e colori? Li accomuna una domanda: chi è più forte fra il bene e il male? E la risposta a questa domanda avviene, potremmo dire, in due tempi diversi. Una risposta dal passato nella storia da Detective del Guanto nero e una risposta nel presente, più diretto nella sua oscurità, con i tre Batman. In entrambe le storie vince Batman, che non è necessariamente detto rappresenti sempre il bene. Vince la sua mente, la sua arguzia, la sua paranoia che gli permette di esser sempre pronto. Pronto per tutto… o quasi?  Questo è il dubbio che Morrison ci lancia. Nella sua paranoia, Batman immagina ogni scenario possibile e, nell’immaginabile, immagina uno scenario a cui non può fare fronte. Cosa accadrebbe allora se esistesse la minaccia perfetta? Se fino in fondo facessimo collidere bene e male, rosso e nero, oggetto inamovibile e forza irrefrenabile, Batman e Joker, cosa ne uscirebbe?

Batman Rip.


Zeno

Laureato in filosofia, maestro d'ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà. Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.