Questo articolo che mi appresto a scrivere è il primo passo di un percorso vertiginoso e arduo. Non tanto per l’iniziativa di portarvi qui, tappa per tappa, un’intera gestione del nostro amato Batman; giacché mi sono già cimentato con la complessità di Grant Morrison, quanto per le sensazioni che il progetto di Scott Snyder e Greg Capullo evocano in me. Nella mia mente, questo articolo sarebbe dovuto essere solamente l’incipit del primo articolo del Batman di Snyder e, dunque, per la Corte dei Gufi. Tuttavia le cose da dire erano molte e il discorso complesso, ed ecco la noiosa ma necessaria genesi di un preludio – quasi autobiografico – alla gestione stessa.

Bat-Post-Rock

Batman è una presenza costante della mia vita, fin dall’infanzia. Uno dei miei primissimi ricordi riguarda un’action figure tratta da Batman TAS e con relativa Batmobile, in un felicissimo e freddissimo giorno di Natale. Da allora, come un oggetto transizionale, quel personaggio ha invaso le mie giornate e lo fa tuttora. Fra serie animate, film, videogiochi, colonne sonore masterizzate e, ovviamente, fumetti sono cresciuto con Batman. 

Nel 2011, quando il mondo entrò in contatto con lo scopiattante numero 1 a opera di Snyder e Capullo, io ero ben più che adolescente, ormai vicino alla maturità. Tuttavia, scattò qualcosa in me. Un’associazione con The Batman, la serie animata del 2004 che mi coinvolse totalmente in una fase ancor più delicata della mia crescita.

Avevo già visto, rivisto e amato TAS, tutte le sue serie fra vecchie e nuove avventure, i due film, Justice League, Batman Beyond e gli altri progetti animati di DC degli anni Novanta, però The Batman aveva quel qualcosa, l’indefinibile quid, la qualitas: i bat-qualia. Una molla generazionale, direi. Aveva quel fattore X che suscitava qualcosa in me e nella mia generazione, noi problematici millenials appartenenti alla Gen Y, ultimi figli degli ambigui anni ’90.

The Batman è molto diverso da TAS.  La fisicità del pipistrello è completamente rivista. Non abbiamo più il corpo possente, enorme, da gorilla; alla Sean Murphy insomma, il quale spesso recupera volontariamente TAS. Niente mascellone, niente busto da tronco di quercia. Abbiamo invece un mento appuntito, un vitino da vespa. La resa del cappuccio è a sua volta diversa, con un taglio più arrotondato, monoblocco, senza lasciar spazio ai lineamenti del volto, con una piccola rientranza ai lati della bocca e con le orecchie spesso solamente accennate, come lo stesso Capullo pensa debba essere un cappuccio come si deve.

Vedete?

Il logo e il suo font seguono, nelle intenzioni, la colonna sonora: si perde la dimensione aurorale, pomposa, epica, drammatica, seriosa. Si recupera qualcosa per citare, ma anche questo qualcosa viene completamente reinventato secondo uno spirito nuovo, destrutturato, semplificato, scanzonato. Indie rock, post rock, industrial. Una sigla con la voce sussurrata, una chitarra invadente, delay e riverberi moderni, un font giovanile e stortissimo. Così come faceva – un’altra serie che ho amato follemente – Batman Beyond, che puntava tutto sull’industrial, sul caos e l’adrenalina ma mantenendo una coerenza e una continuità con una precisa lirica di TAS mancante in The Batman.

Passi in Leggerezza

Gotham è stata rinnovata, spingendo di più su una caratterizzazione estetica e psicologica squisitamente da Gen Y dei nemici: un Bane iper moderno minimal e asettico; Joker animalesco, prodotto di una follia primordiale e poco umoristica o un Mr. Freeze che usciva preciso preciso da Ben 10.

Si puntava di più sullo sci-fi, su alcuni aspetti horror, su relazioni nuove e dirette fra Batman e il Gcpd.

E così il lavoro di Capullo su Batman mi ricorda molti di questi aspetti. Sia in The Batman che nel lavoro sui New 52, abbiamo un Batman “alleggerito”. Si muove rapidamente, spesso come un ninja. Non è ingessato, non ha un fisico ingombrante (ma comunque iper muscolare). Come Batman, in entrambi i mondi, si alleggerisce anche la Batmobile. Un po’ meno di presenza, meno imponente, ma più scattante con assetto sportivo e illuminata dai – più friendly – led.

In alto la Batmobile di The Batman, al centro quella di Tas e quella di Anno zero, in basso quella canonica per i New 52.

È a dir poco superfluo dire come pure Capullo punti di più sull’elemento horror, e come, anche lui, caratterizzi in modo fresco e imbruttito numerosi nemici e comprimari. È quel senso di leggerezza anatomica che, prima di altri aspetti, me li fanno mettere vicini. Batman è scattante, agisce esattamente come vorrei che agisse. Come la mia mente da millenials vorrebbe, quantomeno. E se immagino un tipo di musica da accompagnamento sceglierei proprio un post rock, o un post metal per avvicinarmi agli eventi snyderiani. I combattimenti sono “alleggeriti” nell’elemento acrobatico. Non hai quella figura possente, titanica, invadente, ma qualcosa di più scattante, elastica. Se penso già solamente al primo scontro col Joker in The Batman, entrambi ripensati secondo questi schemi agili, combattono come due scimmie impazzite.

I rapporti interessanti col gcpd, con lo sci-fi, lo abbiamo nella seconda parte della gestione Snyder-Capullo, dove svetta un flessibile Gordon e un Bat-robot d’eccezione.

SuperHeavy. Ironico.

Ripensare il Male

Gotham è, in generale, incattivita. I nemici non sono più macchiette in nessuno caso. Riddler era una barzelletta in TAS. Un Patrick e non il Marilyn Manson che ritroviamo nel 2004

Batman è una presenza nell’ombra in The Batman, spesso una semplice testa fluttuante in un mantello e poco più, una sagoma stilizzata con due triangolini bianchi, come spesso anche Capullo fa; non che siano le uniche occorrenze di una soluzione simile, sia chiaro (non manca qualcosa di analogo in TAS o Justice League) ma è nelle intenzioni alle spalle di questa sagoma che si assomigliano in modo vistoso: non si tratta di simbolismo, ataviche paure o la volontà di costruire – di nuovo – qualcosa di pomposo e simbolico, resta una macchietta stilizzata, sinuosa, contenuta e poco tangibile, esattamente il contrario di un Batman “pesante”. In una Gotham più violenta, ripensata per esser meno bizzarra e più futuristica in taluni casi e bestiale in altri, il Batman in questione è più contenuto, meno possente e dominante.

Anno zero è un lavoro di modernizzazione straordinario, e non fatico a immaginarlo anche in The Batman. Partendo da aspetti più concreti come le pose, gli ambienti, la dinamicità, i colori, i comprimari, l’attenzione verso un enigmista più complesso e pericoloso, le piccole soluzioni narrative. È come se quanto fatto dal 2004 con la serie animata e nel 2011 con i new 52 andassero in risonanza. Pur con la loro diversità, sono frutto di una stessa mentalità a mio giudizio. Un approccio moderno, per nuovi lettori o per nuovi spettatori. 

Non ti aspetti più certe gag, certi lasciti del passato, una presenza epica e possente. Ti aspetti qualcosa di più leggero negli approcci, dinamico, decostruito, incattivito, mentale, con un taglio squisitamente millenials per quanto attiene a immagini e suoni. Niente più colonna sonora lenta, epica, drammatica. Niente tronchi di legno con le pistole giocattolo.

Pensiamo ai Film?

E se vogliamo anche il lavoro di Nolan va in quella direzione. Non hai più Jim Carrey a fare l’enigmista, le battutine da padre di mezza età, un Due facce opinabile, le batsuit ingessate e le batmobili che sembrano parallelepipedi  di adamantio su ruote di vibranio (soprattutto TAS a dirla tutta). Hai un Batman ninja della sette delle ombre, più leggero e scattante. Una Gotham da prendere più sul serio, una Gotham senza scherzi.  Una Batmobile che è un tank, e quindi resta “pesante” ma non è una macchina da entrate gloriose, possente, è uno strumento militare essenziale che all’occorrenza ti caccia una moto iper leggera. La colonna sonora resta epica, seppur dal ritmo concitante. E invece quel che mi piace di The Batman è quel taglio iper moderno in tutto, anche in questo aspetto. Si perde l’idea che Batman debba incidere come un’entità grossa, ingombrante, di presenza. Non solo per quanto attiene alla sua auto, comunque aspetto determinante della sua presenza, ma anche per la sua fisicità.

La sportività di The Batman, l’essenzialità militare del progetto di Nolan, il taglio anch’esso sportivo di Capullo. Oh! Ecco cosa mi piace.

Con questo non voglio sostenere che prima di Capullo non ci fossero già batmobili “alleggerite”, penso subito a quella concepita da Morrison per Dick e Damian, ancor più in quella direzione essendo una utilitaria volante ed elettrica. E così, al cinema, quella di Affleck e Pattison assolvono allo stesso scopo. Più che altro lì abbiamo un problema diverso: nel caso di Ben, non ce l’ho mai vista troppo in quella batmobile. Pur amando il suo Batman, cosa che non ho mai nascosto, quella batmobile era per un Batman meno pesante, in ogni senso. Ispirato da Miller, richiedeva un carro armato informe anche lui.

The Batman, il film, per molte cose va nella direzione giusta. Niente da dire per la superba fotografia e colonna sonora ben scelta, veramente ideali per il taglio che immagino: Con i Nirvana in sottofondo, una muscle car modificata e i giri in motocicletta old school nella sua Gotham, è un toccasana per la mia indole malsana. È tutto il resto che mi convince meno, ma questa è un’altra storia.

Il Batman di Snyder è quello che si avvicina maggiormente alla mia idea di Batman. Da un punto di vista psicologico, ho sempre visto in quello di Miller una direzione affascinante. E per quanto adori quel mostro di muscoli e rabbia, in definitiva sento di esser più vicino ad un Batman più rapido, meno viscerale e irruente, e che, anzi, è spesso pacato e con una lucidità da detective sì presente, ma che abitualmente è arrestata da debolezze, dubbi e paure. Perché il Batman di Snyder è una collezione infinita di debolezze umane e fobie, che subisce in modi più realistici e intimi di quanto faccia il Batman di Miller, in modi più simili ai miei, ai nostri. Il lavoro di Snyder sarà proprio un percorso di consapevolezza nei confronti delle tantissime debolezze di Bruce; un viaggio nella sua sensibile anima complessata, dolce e amara come la nota Bitter sweet symphony, moderna, educata, dolorosa e che suona proprio per noi.

Alla fine il problema è che ci sono…DUE BATMAN!

Se penso a cosa proprio non mi piacque di The Batman fu l’entrata fatale in un circolo di ripetizioni, nonché il permeare lento e inesorabile della Justice League. Con un Batman di quel tipo, si cozza troppo facilmente con tutto ciò che non riguarda Gotham. Così come mi ha sempre creato un certo disturbo l’idea stessa di vedere il Batman di Bale alle prese con la Justice League (e Warner ci ha risparmiato almeno questo), qui è uguale.

Il Batman di TAS era lo stesso della Justice League, non ci trovavo discrepanze o incoerenze. Funzionava. Poiché rappresentava quell’iconicità propria di ogni membro della lega, una divinità simbolica, in un qualche modo. Un alone mitologico sta dietro ad ognuno dei sette pilastri divinizzati della giustizia e qui la mia mente va subito a Grant Morrison che, con Jla, più o meno negli stessi anni, faceva tal quale. Ed è sempre in virtù di questo quid, diverso dal quid di The Batman, che il Batman di Affleck e quello di Miller potevano aprirsi a questioni di portata globale e a prendere a botte Superman. Ma né il Batman di The Batman (film e cartone animato) né quello di Nolan, né quanto mostratomi da Snyder e Capullo lì ho visti vicini a quel mondo esteso.

E così credo possiamo parlare di almeno due matrici batmaniane, che poi ognuno scelga la propria: una matrice titanica, in grado di gestire nelle proprie mani situazioni da titani per l’appunto, e una a bassa gravità. Ambo i casi, ci si può fare un lavoro urbano, mi viene da pensare al titanismo di Murphy e la volontà però di gestirlo in modo tale che Gotham fosse comunque centrale. Oppure si può fare un lavoro decostruttivo: il Batman di Miller è titanico ma è anche una personalità distrutta, tutt’altro che in pace. Il quale, in ogni caso, sa operare fin troppo bene anche fuori da Gotham. Si pensi ai capitoli successivi a TDK. Ho provato infatti a dare una definizione che non inquadrasse eccessivamente il personaggio e le tante declinazioni, possiamo così creare almeno un’altra diade con cui far interagire questa: Batman come simbolo puro (chiunque può esser Batman, Nolan), Batman incarnato (immischiato esclusivamente nel trauma di Bruce e di nessun altro, per certi versi il Batman di Morrison). Si è più affezionati al Batman simbolo di mito e potenza o a un Batman, ancor simbolo di qualcosa suppongo, ma certamente più umanizzato? Meno titano e più uomo, a bassa gravità. Senza che il troppo gli gravi sulle spalle, senza che ci sia una cappa pesante, senza la sua fisicità imponente.

A voi la scelta.

Per quanto mi riguarda ho manifestato la mia preferenza e credo che il mio disappunto su tante scelte prese da Snyder dopo i new 52 dipendano da questa matrice. Provai una strana sensazione con Rebirth. Immaginate di ritrovarvi in qualcuno ma questo qualcuno, a distanza di anni, vi proietta nell’esatto opposto di ciò che avevate visto. Un cambio, ingiustificato e senza transizioni, di matrice.

Probabilmente la volontà di far fare tutto al proprio personaggio, e l’amore profondo verso Batman, ha spinto Snyder anche su territori poco affini alla sua preziosa creatura. Va anche detto che ci sta di mezzo la solita e maledetta continuity. Se il suo Batman è quello canonico, e questo Batman opera nella Justice League scritta da Geoff Johns – è lui, non un altro – e allora le cose stanno così e basta. Che ci piaccia o meno. Questo è indubbio, ma da qui a uscirsene poi con Metal e tutto ciò che ne consegue ce ne passa.

Che ne è della bassa gravità quando poi su di lui gravano le sorti di due multiversi, manco uno solo?


Zeno

Laureato in filosofia, maestro d'ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà. Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.