Giunge il tempo delle risposte, delle chiusure, dei ritorni, delle rivelazioni. Il ritorno di Bruce Wayne è una difficile, anzi difficilissima, miniserie di 6 numeri. Colma di citazioni, riferimenti e paradossi. Proverò a fornire un quadro generale e quanto più sintetico possibile (lo sarà poco) di quella che è una serie di cui si potrebbe parlare per anni. Morrison è un uomo di cultura, un amante dei collegamenti e soprattutto un feticista dei paradossi. Star dietro a tutti i suoi riferimenti è un vero e proprio lavoro e qui proverò solamente a mostrarne alcuni, i più essenziali, quelli che mi sembrano i più utili e i meno questionabili. Data la mole di lavoro richiestomi per il commento a Morrison, ahimè sarò costretto ad eclissare i disegnatori che si susseguono, che sono ben sei come i numeri della serie: Chris Sprouse, Frazer Irving (che ho particolarmente apprezzato nel secondo numero), Yanick Paquette, Georges Jeanty, Ryan Sook e Lee Garbett. Andy Kubert, vecchia e amabile conoscenza della gestione Morrison, firma tutte le bellissime copertine.

Numero 1: Pipistrelli di Pietra

In questa miniserie ritroviamo Bruce in seguito agli eventi di Crisi finale. Come sappiamo, i raggi Omega non hanno ucciso Batman e lo hanno, invece, proiettato nel tempo. La prima tappa è la preistoria, in una Gotham inesistente ma che mantiene salda le infinite reti di caverne che ben conosciamo. Qui Bruce si presenta ai neolitici in vesti divine. Compare, per rivelazione, dalle rocce in un susseguirsi di pipistrelli e vestito di strani abiti, quantomeno per un preistorico. Avevamo avuto un’anteprima di questo stato di cose con il Tempo e l’uomo pipistrello. Lì Bruce, ancor lucido, provava a lasciare dei segni per il suo presente. All’inizio di questa miniserie, invece, Bruce sta perdendo se stesso e agisce per istinto, per memoria muscolare. Non diversamente da come faceva in Batman Rip. Una prima allegoria di Morrison la vediamo con la presenza di una collana tribale, la quale ricorda evidentemente la collana di perle di Martha Wayne. Bruce, di suo malgrado, viene coinvolto in una lotta fra tribù rivali e il suo nemico di turno è nientemeno che l’immortale Vandal Savage, intento a uccidere colui che definisce un Dio (ironico dato che è proprio lui in una condizione meno mortale). Tuttavia, l’immortale non si avventa subito sul viaggiatore malcapitato, ma attende il sorger del Sole, forse istituendo un collegamento fra i suoi abiti e il vampirismo.

Un’eclissi rende il tutto più incomprensibile per le tribù e il fatto che Bruce ora sia adornato con i resti di un pipistrello gigante – lo stesso ucciso da Vandal Savage in precedenza, e la cui natura vedremo più tardi – rende il tutto misticheggiante. Non a caso, a termine di questo capitolo, e in attesa di venir catapultati in un’altra fase storica, la tribù che ha ospitato Bruce si rinominerà “Miagani”: la tribù del pipistrello e intorno a Bruce (e Barbatos, poi dopo vedremo la coincidenza) costruirà un culto che riverbererà nei millenni. Oggetto di culto è proprio l’iconica, e ricolma di misteri, cintura di Batman; e ricordiamo come lo stesso Morrison la collegasse con una dimensione divina-eroica in Batman: the return. Questa, prima viene vista come cintura rituale, usata a mo’ di collana da portare in battaglia – similmente a quanto accadeva con la “collana di perle” – e poi, successivamente, come una reliquia del Dio pipistrello. A presentarcela è il “Robin” neolitico, uno scudiero tribale al servizio dello “straniero” (e porta realmente uno scudo). Ultima cosa da notare: All’inizio del capitolo troviamo il razzo spedito da Lois e Jimmy nel settimo numero di Crisi finale, il quale si ritrova a viaggiare nel tempo. Quando però Bruce interagisce con esso, è evidente che sia lì già da un po’, quasi a creare una continuità temporale con gli avvenimenti precedenti (e successivi) di Crisi finale.

Numero 2: Pipistrelli e Streghe

Nel secondo numero, Bruce si ritrova nei panni di Mordecai Wayne, un cacciatore di streghe (dunque non un antenato, quanto un semplice pseudonimo) nel periodo coloniale degli Stati uniti. Morrison, piccola nota stilistica, gioca con gli stilemi narrativi. In ogni storia, che compone la miniserie, si passa dalle storie piratesche a quelle di cowboy, dagli idoli primitivi ad un noir d’epoca. I ruggenti anni 60 incontrano la travolgente età dell’oro della pirateria; concedendosi, ancora una volta, un gioco storico e metastorico, narrazione ed editoria. Così che, ad esempio, il Pirata nero [nella storia compare il nipote dell’originale Pirata nero, Jack Valor nipote di Jon, NdR], noto eroe Dc dei tempi che furono, entri in contatto con la leggenda di Batman e ne sia un elemento costituente. Ora, se nelle intenzioni di Bruce, all’inizio del suo viaggio, ci stava l’idea di lasciare dei segni per i suoi amici, tutto ciò che segue quel momento è del tutto casuale. Egli lascerà sì dei segni, ma alternerà momenti di lucidità e di indicazioni chiare ad altre fasi in cui è solo il caso a lasciare dei segni per lui. All’inizio del secondo capitolo, Bruce non ricorda il suo nome e ricorda solo una “w”, ma la strega in sua compagnia sembra percepire chiaramente qualcosa in più. Intanto vorrei ricordare nuovamente l’esistenza della serie Time masters, per chiunque volesse approfondire il viaggio temporale di Bruce mediante quello di Superman e amici.

I quali seguono le tappe del pipistrello. Nella miniserie sul ritorno avremo solo degli accenni della loro presenza, non che sia fondamentale ma è giusto dirlo. In questi rari stralci, però, ci sono un paio di cosette interessanti: alla fine del tempo, o quasi, nell’ultimo baluardo confinato alla fine del tutto, l’archivista – ormai un’entità quasi onnisciente, dato che sa quasi tutto ciò che è accaduto – ci narra di una peculiare reinterpretazione morrisoniana della teoria delle stringhe, che ci rende – probabilmente – meno chiara la concezione del tempo di cui stiamo leggendo. Qui le cose sono piuttosto complicate, le stringhe sono gli universi Dc, si fa riferimento ad alcuni dettagli di Final Crisis, Bat-mite, Animal man e altre cose di cui sarebbe impossibile parlar ora. È solo importante notare come qui si faccia riferimento alla super fauna che insegue Bruce nel tempo. Ebbene questa non è altro che l’Hyper-adattatore, inseguitore fuoriuscito dalla scatola degli antenati; quella che Darkseid ha mostrato in Il tempo e l’uomo pipistrello e che è destinato a inseguire Bruce fra le epoche, nonché vero responsabile dell’infezione “demoniaca” (e dunque non per mano di un demone puramente concettuale e mistico, quantomeno non nell’accezione classica) di Hurt, due secoli prima degli eventi di Batman Rip.

Tornando però a noi e a Mordecai Wayne, abbiamo di nuovo un Bruce senza memoria che, nonostante ciò, agisce con cognizione. Se nel primo capitolo erano intatte le sue capacità fisiche, qui lo sono quelle da detective. Come se la sua persona fosse in pezzi fra le epoche. Altro dettaglio: Nathaniel Wayne, questa volta un vero antenato, qui è noto come Malleus. Un riferimento al malleus maleficarum, un trattato sulle streghe. Van Derm, una famiglia che si intreccia con i Wayne, ha fra i propri esponenti anche il ritrattista del famoso ritratto di Mordecai, che troviamo in casa Wayne, immortalato con il proprio diario (che poi Bruce, più avanti, riconoscerà come suo vedendoci una calligrafia moderna e somigliante alla propria). Questo secondo capitolo è incentrato sullo scontro con l’iperfauna, vista in quell’epoca cristiana e bigotta, come il drago dell’Apocalisse e dunque come Satana o il principio negativo, costantemente all’inseguimento del principio positivo, Batman, associato alla divinità nel primo capitolo.

Annie, la strega con cui si accompagnava Mordecai, maledirà i Wayne (a causa di Nathaniel, suo carnefice) e tutta la stirpe fino alla fine del tempo, ignorando le implicazioni sul suo amico, rimasto senza nome. Prima di passare oltre due dettagli interessanti: il primo è ciò che dice Annie a Bruce: ” si è posato su di te un Dio oscuro”. E poi, rivolgendosi a Bruce, gli dirà che lo amerà fino alla fine del tempo se resterà con lei, la stessa espressione usata per maledire la famiglia Wayne (lui compreso).

Se fosse rimasto lì chissà cosa sarebbe accaduto, tuttavia concentriamoci sul “dio oscuro”. Qui Annie intende l’hyper-adattatore, ma come vedremo dopo, ha delle forti implicazioni con Metal e il lavoro di Snyder. Un altro dettaglio importante è che Bruce, nelle vesti di Mordecai, si fa ritrarre con il suo libro di appunti nella speranza di ricordare, di tramandare. Un altro dei suoi momenti di pseudo lucidità.

Numero 3: Pipistrelli sulle Bandiere nere

Con il terzo capitolo abbiamo la fase piratesca, con Barbanera e il Pirata nero. Qui Bruce avrà il suo picco di lucidità, poiché avrà modo di rivedere il proprio costume e di innescare la memoria involontaria. Questo, infatti, è stato appeso all’interno delle sacre caverne dai Miagani, ancora viventi dopo innumerevoli generazioni. Il contatto con questo oggetto gli schiarirà le idee e qui commissionerà la famosa scatola (la bat-box) che il professor Hurt, nel presente, cerca disperatamente. Una scatola che non finì mai di inquietare il Pirata nero, contenete un vecchio libro, i suoi scritti e uno strano oggetto di cui dichiara di non poter parlare. Anche lui, come poi avverrà spesso nel presente, sentirà l’inspiegabile eco di campane a morte.

Descrizione di Barbatos, sovrapposto al Batman preistorico. Ricordiamo che le gesta del Bruce preistorico avvennero durante un’eclissi, e dunque “dark sun”.

In questo capitolo viene reso noto come i Miagani abbiano fatto una sovrapposizione concettuale fra Barbatos e Bruce, ponendo questo essere composito come loro Dio. In quest’epoca si fa un riferimento alla futura villa Wayne, acquistata incompleta da Solomon e Joshua Wayne dai Van Derm (ecco che ritornano). Sfruttata per poter usare le grotte come linea ferroviaria. I Van Derm tornano – in modo essenziale – nel quarto capitolo, ambientato nel far west.

Numero 4: Pipistrelli Cowboys

I Van Derm ereditano i cimeli dei Miagani, e la propria vicinanza con gli Wayne si consolida con la nascita di un figlio. Catherine Van Derm è qui un personaggio chiave, la quale è in grado di sentire le famose campane (a morte) che provengono dalla bat-box.

A proposito di bat-box, qui ci viene presentato nuovamente Hurt e Vandal Savage, il quale ricorda la sua precedente esperienza con un uomo pipistrello. Catherine appare come una probabile discendente dei Miagani, avendo con sé la collana (della simil Martha Wayne). Ricordate la collana di pietre? Ecco il parallelismo spiegato. Martha e Catherine rappresentano la linea di discendenza materna di Bruce. Van Derm, Kane. Le famiglie che si sono legate con i Wayne. Ma con quella collana Morrison fa un passaggio ulteriore: ci mostra come Catherine discenda dai Miagani e come dunque, il bisnonno – Kenneth – di Bruce, sia a tutti gli effetti il primo erede di entrambi i mondi legati al pipistrello. Alan Wayne, padre di Kenneth e marito di Catherine, terminerà casa Wayne e, volutamente, in virtù delle sue avventure e dei misteri celati nella bat-box, creerà il giardino in modo tale da raffigurare una W e un bat-segnale; preventivando una sorta di batcaverna segreta, contenente il nome e la statua di Barbatos. Qui sarà situata la bat-box. Nei capitoli dal 10 al 12 di Batman & Robin, Dick entrerà in contatto con questo luogo e con un pipistrello gigante. Fra le ferrovie sotterrane troverà l’agognata bat-box. L’unica capace di “disinnescare” la scatola tramite i fischi rituali dei Miagani era proprio Catherine (riconfermando la sua discendenza), pur ignorando il reale contenuto della scatola.

Già che ne stiamo parlando, proviamo a inquadrare il bisnonno di Bruce, Kenneth. Primo a ereditare i due mondi “dei pipistrelli” che ci interessano. Kenneth è il fondatore della Wayne Chemical e poi la Wayne Enterprises, dunque si pone come fautore dell’industrializzazione di Gotham. Per la Wayne Tech e poi Wayne Corp bisognerà aspettare il figlio di Kenneth, nonché padre di Thomas e nonno di Bruce, Patrick. In ogni caso, ricordiamoci di Alan e della sua partecipazione all’architettura della villa quando parleremo della Corte dei Gufi.

Numero 5: Pipistrelli in Madison Avenue

Ehilà Don.

Con il numero 5 Bruce vive, da adulto e ignaro, i giorni seguenti alla morte dei suoi genitori. Questi sono gli anni del Guanto nero, sia del film (come verrà citato sia in modo diretto che tramite raffigurazioni) che dell’organizzazione. Il numero si presenta con divertenti toni noir e propone solo un paio di dettagli importanti e sono tutti posti alla fine. Masha, una donna che all’inizio si era presentata coma amica di Martha Kane, desiderosa di saperne di più sulla sua morte, si rivela essere – oltre che un doppione narrativo di Jezabel Jet – un’esponente del Guanto nero. Qui il loro culto nei confronti di Barbatos sembra estendersi anche a Darkseid (forse facendoli coincidere) e con la morte rituale del prescelto (Bruce); intentando, forse, una liberazione del proprio Dio dal buco nero in cui si trova. Bruce, per il Guanto nero e non solo, dovrebbe creare un buco nelle cose, un tema che traspariva dalla lettura di Batman & Robin, ma ne parleremo meglio alla fine. Al termine di questo numero, Bruce induce un ulteriore balzo nel tempo trovandosi, nel sesto e ultimo numero, al punto di fuga dall’archivista.

Un avvertimento da parte probabilmente di Metron (che comparirà nel sesto numero) in relazione al piano di Darkseid.

Numero 6: Pipistrelli ritornano al Presente

Qui comprendiamo l’importanza epocale dell’epopea di Bruce, poiché il suo arrivo è l’ultimo evento a venir registrato dagli archivisti. Il buco lasciato da Bruce Wayne, di cui si parlava nello scorso articolo, era solo uno dei tanti. Non ultimo, uno dei buchi nell’archivio, una falla, riguardava proprio questo viaggio. Degli ultimi tre eventi rimasti, prima della fine di questo universo, il terzultimo è l’arrivo di Bruce, Il secondo quello della Justice League e l’ultimo è la morte termica. La Justice League arriverà e potrà andarsene a causa – e per merito – di Bruce, questo ci fa capire come di tre eventi finali, lui sia artefice di due. Il tempo qui si congela e possiamo vedere, all’interno delle tavole, la collana di Martha, il proiettile, la campana. Come congelati, contemporanei e senza cronologia di eventi. Tutto si completa e compenetra, mostrandoci come questa miniserie vada a chiudere un enorme buco. Bruce dichiara di ricordare tutto e prende coscienza di come questo Hyper-adattatore lo abbia seguito in ogni epoca e di come sia legato alla sua stessa vita. L’unica soluzione per liberarsene è morire. Final Crisis riceve il suo vero epilogo solo in questa miniserie. Il piano di Darkseid non ha mai riguardato la morte di Batman, ma il suo viaggio cosmico. Affinché, tornato nel suo tempo, carico di energia Omega, potesse distruggere la realtà. Darkseid confidava nello spirito di sopravvivenza di Bruce, poiché egli è sopravvivenza, calcolo, preparazione. Così come Tim, anche Darkseid sperava nel ritorno del Pipistrello al suo tempo, portando con sé la distruzione. Ed è questo il motivo per cui la Justice League vuole impedire questo ritorno. Bruce, partendo dalla stazione al punto di fuga e con gli ultimi eventi nella miniserie, colmerà l’archivio; qualche minuto prima del collasso totale. Il suo ritorno sarà però orientato da un piano ben preciso. Ed ecco come, nonostante le molte casualità al centro del suo percorso, torni a pianificare. Privandosi nuovamente della memoria, ingannando così l’Hyper-adattatore, tornerà al suo tempo progettando di morire. Ora, prima di chiarire questo ultimo punto, è importante evidenziare la consapevolezza di Bruce in questa fase.

Bruce col costume alterato, si mostra come cieco da un occhio. Sul suo sfondo compare la carta dell’impiccato, e la ovvia connessione con i pipistrelli a testa in giù, fa da contraltare all’immagine di Odino. Anche egli cieco da un occhio, anche egli impiccato e, in virtù di ciò, ricolmo di saggezza (come lo è Bruce solo ora che affronta la morte).

Action comics 894. Una predizione a Vandal Savage che forse ha come protagonista proprio Batman (l’impiccato).

Bruce, pronto alla morte, e pianificandola, ha il suo più alto momento di lucidità. Chiedendosi quale sia la prima verità di Batman, il suo fondamento, ricorda il momento in cui un pipistrello entrò nella sua casa e si poggiò su di un busto. Qui Bruce era morente a causa delle ferite riportate e con la campanella, ed ecco svelato il significato delle campane di Barbatos, chiamò Alfred, fiducioso che lo avrebbe aiutato. Batman nasce, e si avvicina alla morte, con quella campana. Si dà completamente ad Alfred, la sua vita è in mano al suo amico. Egli risulta impotente e non può far altro che inserire il proprio maggiordomo nel suo “piano”. Batman non è solo, è nato da un atto di amicizia.

Ricordiamo come, a contatto con la fine del tempo, gli elementi costituenti della vita di Bruce si condensassero in un eterno presente. Aldilà dell’ordine cronologico degli eventi, dinnanzi ad un non-tempo, ogni cosa è insieme. Così che la campanella per chiamare Alfred sia anche l’inizio e la fine di tutto. Se Bruce travalica i limiti temporali, quello stesso evento circoscritto nel tempo – quel suono – può farlo. Nel suo viaggio temporale, tuttavia, quell’eco di una campana appare – solamente – come delle campane a morte, le campane della fine. Ma nella sua origine è, in realtà, il suono di una nascita, della vita che pulsa, dell’aiuto fra individui, la socialità, l’amore. La realizzazione della sua apparente solitudine è ciò che spinge Bruce al suo ultimo piano. Confidando, e non potendo far altro, che la Justice League avrebbe risolto la cosa. Il suo piano era un atto di fede, avvicinandosi al Batman senza rete di Dick. La Justice League induce una morte di pochi minuti, permettendo la separazione fisica dall’Hyper-adattatore. Bruce, con la macchina del tempo, spedisce l’Hyper-adattatore (ora con le sembianze di un enorme pipistrello) nel passato. Consapevole di questa sua intima verità, una verità che non ha mai voluto ammettere, e riconoscendo finalmente il ruolo dell’alterità nella sua vita, Bruce apre le porte al progetto di Batman Inc. La morte di Bruce, ci spiega Diana, era necessaria. Il ferimento di un Dio da parte di un mortale non può restare impunito; è una sorta di legge cosmica, potremmo dire.

Prima di trarre le ultime conclusioni, è importante far notare l’importanza del gesto di Bruce nello spedire l’Hyper-adattatore nel passato. Prendendo le sembianze di Barbatos, l’Hyper-adattarore dichiara che prenderà il controllo, si adatterà, scapperà e tornerà. Ponendo una somiglianza fra ciò che Darkseid ha fatto a Batman e ciò che Batman ha fatto all’Hyper-adattatore. Si crea una convergenza fra i tre, giustificando il culto “misto” dei Miagani (Batman/Hyper-adattatore) e quello del Guanto nero (Darkseid/ Hyper-adattatore). Barbatos funge da anello di contatto fra Darkseid – il buco nelle cose che si fa Dio – e Batman, colui che nell’alterità trova la sua natura. Il buco della ciambella è un’entità? Sì! È Darkseid!

E per quanto riguarda la Bat-box, invece? Appunti a parte, ora che comprendiamo anche il senso delle campane, cosa resta di misterioso? Un bigliettino. Uno scherzo, un gioco, un momento di circolarità. Questo pezzo di carta ha impresso la stessa parola pronunciata da Bruce prima di sparare a Darkseid. Divertente pensare come quella stessa parola abbia viaggiato per centinaia di anni – quasi come un riverbero temporale anziché spaziale del proiettile -avvolta nel mistero.

Il vero Preludio a Metal

Il pipistrello gigante ucciso da Vandal Savage, lo stesso che Bruce indosserà nella sua avventura preistorica, è lo stesso che spaventerà Dick Grayson nella caverna dedicata a Barbatos. Il pipistrello gigante indossato da Batman, è una strana fusione concettuale e materiale dell’unità fra Bruce e Barbatos. Ora se leggiamo Batman: the return, leggeremo di come un pipistrello gigante di quarant’anni sia quell’esemplare entrato in casa Wayne. Importante dettaglio che abbia quarant’anni, andando a presentarsi come lo stesso pipistrello che spaventò Bruce da bambino. In base a quello che però abbiamo detto, risulta piuttosto semplice il passaggio operato, poi, da Scott Snyder [in modo manifesto, mentre con Morrison la cosa resta volutamente indiretta, NdR] dicendoci, con Metal, che quel pipistrello gigante altri non era che Barbatos. Da notare, inoltre, che sempre Barbatos era il il demone pipistrello a cui si fa riferimento in Arkham Asylum (1989), sempre del buon Morrison e dell’indemoniato Dave Mckean.

Il lavoro di Snyder è ancorato al terreno arato da Morrison. Potremmo cominciare dalla sfortunata figura di Alan Wayne e la Corte dei gufi, ma è ovviamente di Barbatos e di Metal ciò a cui mi sto riferendo. Hurt viene infettato da un’arma di un altro mondo, come fa il metallo del multiverso oscuro. Barbatos è legato a Batman sia nella visione di Morrison che di Snyder. Nella visione di Morrison, questi è frutto dell’ingegno di Darkseid, ma Darkseid non è altri che un nuovo Dio, un concetto cosciente di sé, come ci dice Wonder Woman. Un essere concettuale, e tal quale è il suo Barbatos. Una natura concettuale, astratta, non dissimile dal multiverso oscuro, frutto delle più oscure immaginazioni. L’ossessione di Barbatos (Snyder) per Bruce avviene proprio a causa degli eventi del Ritorno di Bruce Wayne e di Crisi finale. Il contatto materiale avvenuto fra i due permette l’infezione che ha originato poi l’evento snyderiano. Fare di Batman un’immagine di Barbatos trae origine da un viaggio temporale. La Corte dei gufi, in parallelo al Guanto nero, si dimostrerà anch’essa legata a Barbatos. La nascita stessa di questa organizzazione, legata alla famiglia Wayne e a una conoscenza profonda di questa, potrebbe trarre origine da una generica “coscienza” del fatto che i Wayne fossero legati cosi profondamente ai pipistrelli e a Barbatos. D’altronde Masha, nel quinto numero, mostra di conoscere numerosi dettagli sulla famiglia Wayne (dettagli creati da Bruce nel suo viaggio). Abbastanza da non far sorgere molti dubbi, qualora si fosse presentato un giustiziere vestito da pipistrello, del coinvolgimento della famiglia Wayne in qualche modo. Probabilmente Morrison vuole arginare il problema in Batman & Robin, quando mostra un Bruce Wayne che, pubblicamente, dichiara il proprio coinvolgimento nella lotta contro il crimine operata da Batman. Possiamo supporre, tuttavia, che queste nozioni (la rete di caverne sotterranee, Barbatos, la bat-box, il libro di Mordecai, i Miagani) non fossero così diffuse, ma fossero invece informazioni riservate a piccoli gruppi settari: il Guanto nero, la Corte dei gufi. Quello che però è importante dire in chiusura è di come Snyder erediti, e non inventi, un Batman iper-mitizzato. Le premesse di Dark nights: metal risulterebbero arbitrarie e stupidamente ossessive per la figura di Batman se non si tenesse conto di Crisi finale e dei suoi strascichi. Immaginate di leggere Metal senza aver letto Morrison, magari le vostre bat-letture sono partire con new 52 e avete assaporato i 54 numeri scritti da Snyder, assommando magari gli altri 50 di Batman eternal (dove Snyder ha scritto più di qualcosa) e, scritto poco prima, lo Specchio nero su Detective comics. Dopodiché, anche felici di un nuovo inizio con altri autori (il mastodontico King e il turbolento duo Finch-Janin) con Rinascita, vi ritrovate il solito Snyder a scrivere All star Batman. E, poco dopo, scriverà anche Batman and the signal, Batman and Shadow, Batman and Robin Eternal. Entrate in contatto con Metal e vi rendete conto, forse soprattutto dai tie-in dedicati ai Batman oscuri, di come tutto Metal sia un gigantesco messaggio d’amore (contorto) verso Batman. Tutto è a tema Batman. Un personaggio nato per essere urbano, nella sua problematica Gotham, si ritrova in Metal ad essere la chiave di volta multiversale per eccellenza. Le versioni parallele di Batman, e non di altri, hanno causato la rottura dei propri mondi. Barbatos è ossessionato da lui e solamente da lui, il multiverso oscuro è pronto a generare la crisi più mastodontica mai vista, tutto per Batman. Ora quello che vi verrebbe da pensare è che Snyder si sia trasformato in un meme vivente di Batman. E successivamente a Metal, lo vedremo ancora coinvolto in altre bat-opere (Il Batman che ride, L’ultimo cavaliere sulla terra) andando a confermare questa visione. La quale sicuramente non è sbagliata, ma le premesse di Metal (e non lo svolgimento, decisamente tamarro) sono figlie della gestione di Morrison. Batman è il modello per eccellenza dei soldati oscuri che Darkseid (un Dio) ha in mente. Darkseid è ossessionato da Batman, al punto da volerlo poi rendere la sua arma definitiva. Batman è anche la falla nell’archivio cosmico, gli ultimi eventi da registrare nonché i buchi nella realtà, sono dipendenti da lui. Batman è, nel mito costruito da Morrison, già la chiave di volta del Multiverso. Catapultandolo poi nel passato, Morrison ha avuto modo di costruire nei millenni – tappa per tappa – questo mito. Il lavoro dello scozzese è, semplicemente, pionieristico e questo è aldilà del gusto personale verso questa gestione. Il coinvolgimento di un evento, come base per strutturare ulteriormente questo mito nei secoli, è geniale. Spesso gli eventi lasciano con sé pochi strascichi, aprendo e chiudendo scialbe parentesi. iI questo caso, invece, tutto è in funzione di un mito da reinventare. Eventi, tie-in, crossover, miniserie, run. Morrison si avvale di tutto ciò che gli editor gli concedono per dare vita al suo Batman. Egli prova a dare più importanza alla figura di Bruce Wayne e della sua famiglia, come si diceva nello scorso articolo. E come aggiungevamo, la run dello scozzese – e la propria leggenda del pipistrello – si proietta ben oltre i naturali limiti editoriali e ontologici.
Senza Crisi finale non avremmo Dark nights: Metal, ma questa storia di Snyder è un progetto sofferto a sua volta, che trae origine anche dalla propria gestione dei new 52 (di cui parleremo integralmente). Chiunque di voi abbia recuperato Metal tramite i tp, saprà come nel volume Road to metal vi siano esattamente questi capitoli della gestione di Morrison (il Ritorno e Crisi finale), e – per tutti gli altri – ora sapete il motivo. Se dunque siete alla ricerca del perché Batman si sia trovato a esser così centrale sul piano metafisico dell’intero multiverso, la risposta è nella run di Grant Morrison che, come poche, ha definito in modo così indelebile un personaggio soggetto alle leggi annichilenti della continuity.

8.5

Sceneggiatura

10.0/10

Disegni

7.0/10

Pros

  • Un lavoro semplicemente geniale, posto al vertice di una run - il più delle volte - geniale. Reinventare Batman è un lavoro che Morrison prende fin troppo sul serio.
  • Sei numeri zeppi di misteri e brillanti collegamenti. Da leggere e rileggere, alla riscoperta di infiniti paradossi.

Cons

  • Il comparto grafico non è all'altezza della sceneggiatura, spesso è proprio scialbo. Ma alla fine, che ve ne frega?

Zeno

Laureato in filosofia, maestro d'ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà. Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.