Non è facile per me scrivere questo articolo lasciando il caro Halflie in panchina, che degli shounen è il signore oscuro; ma mi premeva fare con voi quattro chiacchiere su due opere, che per ragioni che adesso vedremo, sono connesse con un manga concluso, ma che fra alti e (tanti) bassi, è ancora aperto nel mio animo: Naruto. Leggendo il titolo, e capendo dall’incipit di cosa stiamo parlando, qualcuno -giustamente – si chiederà: e Boruto? Eh, no. Boruto non farà parte dell’articolo; è triste ammetterlo ma non ci sta ancor nulla di cui parlare. Mentre di Samurai 8 – dello stesso Kishimoto – e Jujutsu Kaisen è bene dirle due cose. Se per il primo vien da sé del perché sia presente in questo articolo, la presenza del secondo è meno ovvia; ma è la stessa Shūeisha, e la nostra Planet Manga al seguito, a vendercelo come “il nuovo Naruto”; non tanto per i contenuti (ma come vedremo qualche somiglianza circostanziale non manca) ma per l’impatto che dovrebbe produrre; insomma un cavallo di battaglia. Indubbiamente Naruto fu, per tanti di noi, un’opera d’impatto. Chi, come me, ci è cresciuto insieme non dimenticherà certamente l’emozione prodotta nel vedere Kakashi col suo sharingan contro Zabuza, l’attesa per Shiuppuden o, ancor prima, il coinvolgente scontro di metà serie fra Naruto e Sasuke. Con gli anni siamo cresciuti e forse l’opera non è invecchiata nei migliori dei modi, ma tant’è che molti fan si sono allontanati senza però, come è ovvio, cancellare il brivido delle prime ore. Personalmente passavo fin troppo tempo sui forum in cerca di scottanti verità in anticipo (su Pain tanto per ricordarne una) entrando in trepidanti momenti estatici, e perciò non posso nascondere di aver provato un brivido (assente nei confronti di Boruto) acquistando questi due primi numeri e pensandomi all’inizio di nuovo viaggio. Ve li proporrò nell’ordine con cui li ho letti e quindi…fatti avanti Hachimaru!
Lo Spadaccino
Nelle infauste sorti di un toc non incoraggiante e di uno scialbo giudizio sui forum (vi ho detto che ci passo troppo tempo), Samurai 8 non gode di buona fama, e in effetti anche io ero scettico. Parlandone con il buon Halflie, concordavo con lui sul fatto che un qualsiasi scrittore dopo “l’opera della sua vita” faccia fatica a reinventarsi. Vuoi perché hai già espresso tutto te stesso in 15 anni di lavoro, vuoi perché ti trovi in un classico esempio di profezia auto adempiente, o solamente perché – magari – vorresti farci qualche soldino cavalcando l’onda da te posta. Alla fine o realizzi un clone del tuo lavoro migliore o qualcosa di radicalmente diverso solo perché ti sei imposto di farlo, concludendo un progetto che, è evidente, non ti rappresenterà e – inevitabilmente – sarà zeppo di stereotipi rubati qui e lì. Cercando però di tener lontani ingloriosi preconcetti, devo dire che mi sono goduto questo primo numero di Samurai 8.
La trama è semplicissima, non diversa dall’incipit di Naruto: abbiamo un ragazzino con un grande sogno che parte, però, da condizioni lontanissime da quelle necessarie per realizzarlo. Il tema della ricerca, della crescita, della regola morale, del sogno, dell’amicizia…e di un qualcosa di pericoloso dentro di sé (…volpe?). Insomma, una trama archetipica che non esce dal suo genere, accompagna una narrazione blanda con espedienti narrativi tradizionali. Come, ad esempio, l’aggiunta di un guerriero leggendario fra i comprimari…ma depotenziato, reso ‘puccioso’ e alla portata di chi, altrimenti, avrebbe livelli troppo diversi dai suoi. Un po’ come Salem per Sabrina, Hachimaru avrà un maestro decisamente particolare ( ma non insolito) che semplificherà la vita a noi lettori spiegandoci, per sommi capi, come funziona questo bizzarro mondo (altro espediente tradizionale) che è in effetti ciò che strappa la sufficienza a questo primo numero (sapendomi anche fomentare, lo ammetto). Il lavoro svolto di World building lo trovo elettrizzante, cyber punk quanto basta, mi ricorda un curioso incrocio fra le armature in formato totem di Saint Seiya e le creature robotiche di Horizon zero dawn. I samurai sono tutt’altro che tradizionali, e il potenziale grafico potrebbe rivelarsi devastante in futuro. I disegni, a parte qualche tavola cacionara, sono anch’essi piacevoli; decretando l’aspetto visivo come il punto di forza dell’opera. Gli spiegoni non mancano, ma non appesantiscono eccessivamente la narrazione, la quale – già blanda – si perde in alcuni momenti; ultimo punto riguarda il tema della principesse e del loro ruolo per i samurai [che vi lascerò giusto buttata lì per evitarvi eventuali spoiler, NdR]: a primo acchito l’idea sembrava notevole, presentandosi come uno dei tanti richiami al folklore giapponese presenti. Se solo fosse stata gestita in modo meno manifesta e più simbolica. Invece no, ci stanno vere principesse da proteggere (addestrate ad esserlo?), vera predestinazione, vero maschilismo, vero Super Mario.
Il Demone
Divertito, tutto sommato, da Samurai 8, e pregustandone futuri scontri tanto tamarri quanto fottutamente cyberpunk, ho iniziato a sfogliare ciò che – per le alte sfere nipponiche – rappresenta una scommessa, una serie capovolgente. A causa di ciò, l’hype mi spinse a prenotarne una copia early access, senza infamia e senza lode, avrei preferito risparmiare 5 euro (molto bella invece la variant riservata per Lucca comics 2019).
Recensirlo non è stato facile, ed è stato talmente difficoltoso da obbligarmi a rileggere il primo numero di Naruto. Dalla cui rilettura è emerso qualcosa di importante: quasi mai riesco ad appassionarmi fin da subito ad un battle shounen e Naruto non fa eccezione, vedendo il mio interesse partire un po’ più avanti nella storia, difronte al già citato scontro con Zabuza e Haku. Se avessi dovuto valutare Naruto solo dal primo numero (quindi fino alla prova di Kakashi con i campanellini per intenderci) questo articolo non sarebbe mai venuto alla luce. Credo che analogamente accada con il primo volume di Jujutsu Kaisen; un battle shounen con sfumature horror, che per alcuni versi mi ha ricordato il mio amato Super Natural, e per altre cose, Naruto. Un protagonista con una forza oscura dentro di sé (…volpe?), un maestro non troppo diverso da Kakashi e come compagni di team un ragazzo scontroso ed una ragazza violenta. Il tema della ricerca non manca nemmeno qui, ma è decisamente sui generis e meno banale di quanto sia posta in Samurai 8. Un World building pressoché assente mostra un’opera, che con le dovute virgolette, sembra essere con i “piedi per terra”, quantomeno paragonandolo a Samurai 8. In quest’ultimo, infatti, come in Naruto o in One Piece (o Fairy tail o quel che volete voi), i tanti elementi di finzione coinvolgono chiunque nel mondo; anche le persone comuni con le loro abitudini. Jujusu Kaisen, invece, se non fosse per i demoni, sembrerebbe rispecchiare il nostro mondo in tutto e per tutto. I disegni, a parte la caratterizzazione di qualche demone mostrato quasi per sbaglio, non mi hanno coinvolto. Questo manga sembrerebbe porsi come tutto ciò che Samurai 8 non è: più forte nella sceneggiatura che nell’impatto grafico; rischiando e mostrandosi poco, troppo poco per potersi sbilanciare. Nonostante tutto, l’ho trovato un primo volume piacevole e sufficiente, capace – grazie al cielo – di restituirmi una sensazione forte e incoraggiante: LEGGILO, DEVI CONTINUARLO. Sì insomma, la sensazione che avrà tantissimo da dire dandogliene però il tempo (il maestro Kojo numero uno).
Conclusioni
Samurai 8 e Jujutsu Kaisen si ripromettono di raccogliere il testimone del settimo Hokage, più di quanto voglia e possa fare Boruto. Il primo proponendoci un elettrizzante World building con momenti cyberpunk ben poco consoni a ciò che qualcuno potrebbe intuire dal nome, il secondo con un particolare ibrido horror/battle shounen corredato da un modo di fare tanto giapponese quanto americano. In ambedue si può dunque constatare un particolare equilibrio di tradizione/folklore e modernità, andandosi però ad inquadrare in un archetipico percorso dell’eroe: fatto di crescita, sofferenza…e power up. Uno di questi lo vediamo nelle primissime pagine di entrambi laddove, in pari misura, sembrano acquisire i tratti duali (essenziali ai fini narrativi) della Volpe: potere e oscurità. Se Samurai 8 cattura visivamente, Jujutsu Kaisen non ne ha ancora modo; mostrandosi però molto più solido nella sceneggiatura. Siamo forse dinanzi al futuro del genere o sono solo gocce nel mare?
Laureato in filosofia, maestro d’ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà.
Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.