Salve cari lettori dell’etere e bentornati. Oggi voglio parlarvi di uomini che vivono nostalgia per epoche che non hanno mai vissuto. Nella fattispecie vi parlo di me.
Non vi preoccupate, non sto facendo un outing fascista, voglio soltanto chiacchierare con voi su una certa deriva che l’editoria del fumetto (e del manga in particolar modo) ha preso in Italia. È risaputo infatti che i fumetti hanno subito nell’ultimo decennio un aumento considerevole dei prezzi. Proprio qualche giorno fa in internet si discuteva del fatto che la Sergio Bonelli Editore ha effettuato un aumento dei prezzi che si va a sommare a quello dell’anno scorso. Non è solo lei ovviamente, meno di due anni fa la Panini aveva aumentato il prezzo dei suoi spillati (e molto vigliaccamente non ne aveva fatto la minima menzione durante nessuna fiera del fumetto).
Su questo tuttavia non ho nulla da ridire, gli editori devono vendere e far fruttare i loro prodotti quindi posso ritenere comprensibile che, a fronte di una flessione importante nelle vendite (senza contare la progressiva inflazione), vogliano compensare con un rincaro sui prezzi.
Ciò che però non capisco (o meglio capisco, ma non condivido) è la scelta editoriale di alcune case editrici (non faccio nomi) di concentrare i loro sforzi produttivi in edizioni omnibus superlusso poco accessibili dal pubblico più grande. Sembra che gli editori siano sempre meno interessati a cercare nuovo pubblico (e chi può biasimarli in un paese dove l’età media è sempre più alta e la natalità non aumenta) e abbiano improntato lo sforzo editoriale a spremere quanto più possibile gli appassionati.
Penso a Lone Wolf and Cub. Un fumetto di cui aspettavo la riedizione come la seconda venuta di Cristo, ma che non posso prendere, e a questo punto non voglio, perché un volume (che per carità, sembra essere un prodotto davvero di pregio) mi costa la bellezza di 22 euro. Io leggo fumetti da relativamente poco tempo (una decina d’anni ormai) ma ho studiato molto sull’argomento e ricordo di aver letto da più parti che il fumetto nasce come mezzo d’intrattenimento nazionalpopolare. Era proprio il suo essere accessibile e alla mano che lo ha fatto crescere anche nei periodi di crisi più nera. Era un mezzo d’intrattenimento economico.
Da questo punto di vista era stata più onesta la Saldapress nel proporre The Walking Dead sia in formato brossurato per i collezionisti, che in formato “bonelliano” economico per noi comuni mortali che non abbiamo un capitale da spendere per i fumetti.
Detto questo sarei interessato a capire a cosa mirano le case editrici sul lungo termine. Sono sempre più concentrati nel mantenere il pubblico di appassionati, piuttosto che studiare un modo per conquistare nuovi lettori. Come pensano di sopravvivere ai loro fedeli adepti se là fuori ormai i webtoon stanno spopolando proprio perché promossi da piattaforme che li rendono gratuiti? E come pensano di far sopravvivere il cartaceo se l’edizione in kindle di uno stesso fumetto viene a costare fino a tre volte meno?
Avranno capito tutto i giapponesi (che hanno un mercato molto diverso dal nostro) che investono di più sulla produzione massiva di albi anche a discapito della qualità del tankobon? D’altronde non è forse vero che tutti i successi che abbiamo letto provenienti dal paese del Sol Levante hanno esordito su riviste non dalle pagine patinate o di carta ruvida, ma di carta straccia? Come siamo arrivati a imborghesire il fumetto? Che fine ha fatto la polpa di cellulosa?
Studente di fumetto con il vizio dell’università. Bugiardo occasionale e accanito scrittore e sceneggiatore di storie che non pubblicherà mai. Parla fluentemente italiano e inglese. Parla anche un po’ di francese, ma soltanto per lanciare insulti a mezza bocca.