Sarò breve, e non soltanto perché mi appresto a recensire uno spillato di 24 pagine ma perché molti aspetti sono stati già trattati in un altro articolo.
Come saprete, Generations mette a confronto due personaggi legati dalla comune identità segreta, in un passaggio di testimone, che ormai Marvel ha attuato già da diversi anni. Se con Fresh start le cose forse torneranno come prima, Generations ci vuole ricordare che anche le attuali incarnazione della maschera hanno spesso tantissimo da dire.
Due Thor ed una Apocalisse
La trama ovviamente risulta piuttosto semplice e sarebbe ingiusto nei confronti di Jason Aaron voler valutare questo spillato per la sua “storia” in senso stretto. Per darvi un breve accenno, abbiamo la potente Thor che finisce nel passato. Nella gloriosa epoca dei vichinghi, dell’idromele, delle lunghe barbe. In pratica come ora, ma senza occhiali con spessa montatura e cappuccini con la panna sopra. In un contesto in cui abbiamo un giovanissimo ( ma comunque millenario) Thor, che imperterrito, tenta di sollevare il glorioso martello.
Come ho detto nel già linkato articolo, abbiamo un Thor che si confonde con la popolazione di Midgard, non veste certamente in modo pomposo come vorrebbe il padre ed è ossessionato dai martelli, dall’alcol e dalla belle norrene.
All’inizio della nostra
storia abbiamo il giovane figlio di Odino incastrato in uno dei suoi impegni da principe di Asgard. Questo finché non ode, e risponde, alla preghiera dei suoi amati vichinghi, ritrovatesi, in un confronto troppo grande anche per i possenti Hipster: si trovano sul Nilo, dove non ci sono solo degli abbronzati guerrieri da dover spedire da Hela ma anche…Apocalisse! il più cazzuto fra i mutanti probabilmente… ed è qui che decide di comparire Jane Foster dal futuro!
Come immaginerete, Thor non ha preso bene il fatto che
mjlonir compaia in mano a qualcuno che non sia lui. Una donna
per giunta. Una considerazione del mondo femminile che maturerà con il mondo circostante, come nota la stessa Jane: non è il Thor che conosceva. Non ancora, perlomeno. Lo scontro si conclude in poche battute per lasciar spazio a festeggiamenti e riflessioni.
Due Thor e un Team
Se alla sceneggiatura abbiamo Jason Aaron, solido demiurgo delle vicende del tonante ormai da molti anni, alle matite abbiamo Mahmud Asrar. Disegnatore che ha svolto un ottimo lavoro sopratutto sull’espressività dei personaggi, e nonostante siano presenti tavole davvero spettacolari (come ad esempio lo sbarco dei vichinghi in Egitto o Thor che scende sulla Terra cavalcando il suo capro), a tratti non l’ho trovato sempre all’altezza, pur realizzando nel complesso un buon lavoro. Aaron, invece, non perde occasione di riassumere il suo punto di vista, e quindi, la lettura rappresenta un’ottima occasione per capire cosa renda, secondo l’autore, Thor il Dio del tuono e quindi degno. A tal proposito, vi allego due pagine in cui c’è il cuore pulsante di questo confronto. Un tema che ho molto a cuore come sapranno i lettori del mio approfondimento. Alla prossima!
Pros
- tanti spunti di riflessione su Thor, un vero riassunto del punto di vista di Jason Aaron
- Ci sono i vichinghi
- Compratelo anche solo per l'ultima pagina. Merita tutto
Cons
- fa riflettere tanto ma manca la componente emotiva che dovrebbe costituire l'iniziativa stessa
- non c'è davvero un confronto fra il vecchio e il nuovo
Laureato in filosofia, maestro d’ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà.
Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.