Ci troviamo, a seguito di Crisi finale e Batman Rip, in una fase turbolenta della gestione Morrison. Il nostro scozzese ha stravolto le carte in gioco, e pare non abbia la minima intenzione di smettere. Dopo aver lasciato la testata ammiraglia del pipistrello, Grant si sposta su un freschissimo numero 1 datato giugno 2009 della serie Batman & Robin, e qui ci donerà un totale di 16 numeri. La testata, prima di chiudere per il restart (e riaprirsi nelle ottime vesti dei new 52), conoscerà altri 10 numeri. A noi, però, interessano i 16 numeri scritti da Grant che, solitamente, sono suddivisi in tre archi narrativi: Rinato, Batman contro Robin, Batman e Robin devono morire. Le intramontabili copertine di questa gestione sono affidate al solidissimo Frank Quitely; un sodalizio fra i due eternizzato con All star Superman, di cui spero di parlarvi un giorno (ma anche New X-men). All’interno dei numeri, oltre ad un occasionale Quitely, troviamo anche Philip Tan, Cameron Stewart, Andy Clarke e Frazer Irving. Prima di procedere oltre è importante rilevare come sarebbe utile la lettura di questi numeri in parallelo al Ritorno di Bruce Wayne. Per ovvie ragioni, questa seconda serie verrà trattata nell’articolo seguente ma vi consiglio, qualora ne abbiate la possibilità, di leggerli insieme. Le due serie, infatti, si compenetrano perfettamente, uscendo in tandem nel 2010.
Testimoni pesantissimi
Con Batman creduto morto, Dick prende un testimone pesante. Reso ancor più pesante dalla circostanze. Un figlio ribelle appena ritrovato, l’ingombrante mancanza di Bruce, il senso di inadeguatezza di Dick, la smania di Damian. Il confronto ironico con il mondo circense, è poi, la prima fra le circostanze avverse incontrate. Una situazione che riporta Dick alle origini, ma questa volta con la cappa “paterna” indosso, uno scenario che a maggior ragione gli ricorda una libertà che ora, incastrato com’è, non ha più.
Rinato, rinascere, è il titolo ma anche una promessa. Un dinamico duo da reinventare. Le dinamiche sono conflittuali:
da un lato Dick, che come ricorda Alfred, è stato cresciuto amorevolmente e dall’altro, Damian, cresciuto da assassini al solo scopo di rimpiazzare Batman. Se però a rimpiazzare Bruce è Dick, incapace di farsi rispettare col rigore e la fermezza che contraddistinguevano il padre adottivo, le cose non potranno che andare male con Damian che, al contrario, è ben più indisciplinato e irruente di quanto fosse il primo Robin (ma anche il secondo).
In aggiunta a ciò, Dick non vuole essere Batman. Nightwing era un’ipostasi dell’illusione di non dover mai sostituire Bruce. Nel profondo, questa consapevolezza era in lui presente, e la mancata cappa al proprio costume da Nightwing è un evidente sintomo di una repulsione, non completamente manifesta, verso l’idea di rimpiazzare Bruce. Egli è incapace di assumersi queste responsabilità “da primo Robin” indossando il mantello nero. L’idea stessa che il suo costume da giustiziere solitario sia privo della cappa ci appare come una manifestazione di un senso di liberazione verso un qualcosa di opprimente e limitante, e solo superficialmente in un’accezione puramente motoria. Una cappa fumosa che impedisce di respirare, così come un mantello impedisce di muoversi come si vuole. I due piani, mentale e fisico, si accordano nella fuga a Blüdhaven, un modo per assaporare la libertà. Il proprio metodo e il personale spazio d’azione è qui solamente un ricordo, ora che non solo è obbligato a stanziare a Gotham, ma anche a emulare i modi di Bruce, proprio quelli che un giorno lo portarono lontano dalla bat-family. Queste sono le premesse “ma lo spettacolo deve continuare”, dice Alfred a Dick; entrambi avvezzi al mondo dell’intrattenimento. Il trucco è interpretare. Far propria la parte, secondo le proprie modalità e con la personale caratterizzazione. E per chi volesse approfondire questo Batman reinterpretato, consiglio di estendere la lettura anche agli ultimo 10 numeri della run e di dare un occhio al lavoro di Scott Snyder su Detective Comics di quegli anni (2010-2011).
Rimpiazzi Pazzi
In tempi di rimpiazzi, si palesa un secondo neo-dinamico duo. Red Hood, da poco tornato sulle scene nella reiterazione di Jason Todd, trova il suo robin: Scarlet. Scarlet è una vittima del primo nemico – fortunata creazione di Morrison stesso – del nuovo dinamico duo: il professor Pyg (prima apparizione nel numero 666). Il quale, con le sue dollotron, controlla dei poveri innocenti. Scarlet, obbligata a vivere sotto a una orrida maschera (il sistema di condizionamento fisico), è un risultato imperfetto della dollotrizzazione. Una reietta, proprio come Jason. La presenza di Cappuccio rosso, e con le sue vesti più classiche (il cilindro cromato anziché il casco da motociclista, proprio di Jason), è uno degli aspetti più interessanti della gestione di Morrison in questa fase: provare a far quadrare la continuity, ripescare dal passato, dalle origini. E così, Flamingo (ennesimo nemico di Batman e Robin), per volontà dell’autore, ci appare come uno Zorro distorto; Zorro, dunque Batman, e pertanto un ennesimo rimpiazzo. Il buco creato dall’assenza di Bruce – ed attenzione al termine “buco”, chiave per i futuri passaggi del lavoro di Morrison su Batman – ha generato una sorta di horror vacui a Gotham (e nel cosmo) e il nostro autore si diverte a colmare il vuoto, pescando dal passato, dal meno noto, e trasformando il tutto in una propria strampalata creatura. Venendo ad aspetti stilistici, si può notare come l’intenzione dello scozzese sia quella di portarci una serie più colorata, pop, “ecologica e moderna” (la batmobile dalle dimensioni di una citycar ma volante), vibrante, fresca rispetto ai colori funebri (rosso e nero) che contraddistinguevano la prima fase. Rinato, anche qui, risulta chiaro nelle intenzioni anche da un punto di vista grafico.
Dopo quanto introdotto da Winick, leggere il Cappuccio rosso di Morrison in queste storie (fino a Batman inc) è importante per capire quel che sarà. Qui abbiamo alcuni passaggi fondamentali per la costruzione di Red Hood per come, attualmente, si è sedimentato nell’immaginario collettivo. La volontà di sostituire Batman procurandosi un personale Robin, è un presagio di quel che avverrà con i new 52 e con Rebirth. Gli Outlaws, con cui si accompagnerà, sono rimpiazzi distorti dei Teen Titans prima e della Trinity dopo. Morrison proietta Red Hood in una logica ben chiara, successivamente accolta e reiterata dai nuovi autori.
Ritorno al Futuro
Seguiranno un viaggio in Inghilterra, un team up strampalato con Batwoman, una fossa di Lazzaro, il tentativo rocambolesco di riportare in vita Bruce Wayne, il quale però non è mai morto. Scopriremo, infatti, che l’iconico momento che ritrae il cadavere del crociato oscuro sollevato da Superman, altri non era che un ennesimo clone mal riuscito di Darkseid, adeguatamente piazzato in sostituzione del vero Batman. Sul perché Darkseid , fin dall’inizio, non fosse intenzionato a uccidere Bruce lo vedremo nel prossimo articolo. La presenza di Cavaliere e Scudiero è l’anticamera di un pazzesco panorama di nemici bizzarri. In Europa incontreremo la Corte perlata del crimine, re Carbone e numerosi personaggi altamente ispirati dalle storie più tradizionali dell’Inghilterra. Riportare in vita Bruce Wayne è il primo dei momenti che in questo ciclo ci ricorda il contesto. Inteneriti quasi dalle impacciate dinamiche da Batman e Robin rischiamo di dimenticare lo strano mistero che permea il multiverso Dc al momento. Dov’è Bruce? Red Hood, nell’insinuare il mancato desiderio di voler riportare in vita Bruce, al fine di prenderne il posto, fa scattare qualcosa in Dick. Che pur di affermare la verità che noi conosciamo bene, tenta l’assurdo: con quello che crede essere il corpo di Bruce, prova una rianimazione con una fossa di Lazzaro.
Damian si accorge subito che qualcosa non va e che quello è solo un clone. In ciò Dick dimostra un’avventatezza poco affine a Bruce Wayne. Un Batman diverso, senza piani, senza schemi, il quale opera senza reti di sicurezza (ricordiamo il passato circense di Dick). Man mano la verità sulla scomparsa di Bruce viene a galla, ed è ovviamente Tim Drake a cogliere il quadro generale prima di tutti, dimostrando ancora una volta di essere il miglior detective fra i Robin. A questo punto, come vi consigliavo, meglio recuperare Il ritorno di Bruce Wayne e se volete un quadro ancor più preciso anche Time Masters: Vanishing point. Mini serie ad opera di Dan Jurgens e Norm Rapmund e che segue le vicende di Booster Gold, Superman, Hal Jordan e Rip Hunter in viaggio nel tempo alla ricerca di Bruce. Puntualmente, però, arrivano in ritardo rispetto al pipistrello ed è il motivo per cui ci vogliono 6 numeri per concludere la cosa. Tuttavia, ora proveremo a cogliere solamente ciò che emerge dalla lettura di questa testata in analisi, la quale ci lascia questi dati in modo offuscato, mostrandoci le sole conseguenze delle gesta temporali di Bruce. Nello svolgersi della storia che occupa precipuamente il dinamico duo, di volta in volta, scopriamo strani collegamenti fra i membri della famiglia Wayne e i pipistrelli. Avremo a che fare con antichi patti stipulati con un demone pipistrello, tribù preistoriche legate a questi mammiferi e stanziati sul territorio di Gotham, fra le reti di caverne sotterranee. I patriarchi dei Wayne si mostreranno, poi, inclusi in una matassa oscura di eventi, tutti legati ai pipistrelli. Chi è Mordecai Wayne e perché ha con sé una scatola con sopra il simbolo di Batman? Perché Alan Wayne ha costruito la sua dimora in modo tale da formare sia una “W” che il simbolo del pipistrello? Chi è Barbatos, il demone pipistrello? E per quali motivi veniva invocato da Thomas Wayne? Non il padre di Bruce, bensì l’antenato del 1765, ovvero… il dottor Hurt! Come mai la tribù dei Miagani conosceva il simbolo di Batman con 17mila anni di anticipo rispetto a noi? Alcune di queste domande hanno avuto un accenno di risposta fra la fine di Final Crisis e gli anticipi dati dal capitolo mancante di Batman Rip (Il Tempo e l’uomo pipistrello). Ciononostante, per delle risposte concrete dovremo attendere la miniserie sul Ritorno (se non la leggete, siete dei tacchini).
Siamo abituati a pensare Batman come l’elemento dominante su Bruce Wayne. Spesso questi è solo una facciata pubblica. Questo ciclo di storie ci narra di una famiglia Wayne invece molto più interessante. L’architettura della villa, le cripte, antichi contatti con entità demoniache, la follia. Ogni Wayne ha qualcosa da raccontare e come tessere del domino, elemento ricorrente in questa testata, si arriva a Bruce e dunque a Batman. Batman risulta un effetto degli Wayne, rendendoli poi non così superflui o sostituibili per l’idea stessa di Batman.
Una W che si trasforma in un bat-segnale. Allegorica transizione. Se dunque Batman è conseguente ai Wayne, è pur vero il contrario. Come è possibile ciò? Con un paradosso temporale. Ma ancora una volta dovremo attendere per questo. Tornando a Batman e Robin, è importante ricordare come quegli anni fossero gli stessi dell’evento La notte più profonda; per Grant di ispirazione per i “morti che camminano” all’interno della propria storia: i 99 demoni. Sia questi che il trafficante di droga El penitente, sono riconducibile nuovamente a Thomas Wayne. Pur non essendo realmente il padre di Bruce, egli si presenta alla stampa così. Infangando – irrimediabilmente – con quel che accadrà successivamente, il buon nome dei Wayne. Hurt, la testa del Guanto nero, è ancora una volta il nemico principale. Dietro alle strane macchinazioni di Pyg, ci stava Hurt. L’infezione da dollotron viene risolta con un antidoto, quasi caduto dal cielo. Troppo facile? E infatti. Questo antidoto non è altro che un cavallo di Troia, un agente chimico destinato a creare dipendenza. In poco tempo, Gotham si ammala e va in quarantena. Intanto, però, un altro nemico, questa volta storico, si palesa. Alla domanda “chi è Oberon Sexton?” lo strano becchino che sembrava favorire Batman e Robin, risponde Dick.
Effetto Domino
Le tessere del domino sono note anche come ossa. La scatola per riporle, una bara. E Oberon Sexton è il becchino. Un gioco, uno scherzo. In una parola: Joker. Il quale lascia tanti indizi, tante tessere, per poter giungere a lui come vero colpevole degli omicidi. Le parole di Joker non sono nuove a chi ha letto Il ritorno del cavaliere oscuro o ha visto il film di Nolan. Joker senza Batman non è niente. Non si ritiene più un Mefistofele, pronto a irretire Faust .
Domino, poi, è anche il nome degli abiti di Robin; che avrà un confronto del tutto particolare col pagliaccio. Un confronto iniziato a parti inverse: questa volta con un Robin munito di un piede di porco contro Joker, ma che si capovolge in un delirio familiare, dove Joker finge che Damian – imbavagliato, drogato, chi più ne ha ne metta – sia suo figlio. Joker, non si risparmierà nemmeno col nuovo Batman, dimostrando un certo grado di insoddisfazione nei confronti di Dick. Il tema del confronto insoddisfacente si ripropone nella già citata gestione di Snyder per Detective comics, nello specifico nella storia dello Specchio nero.
Vecchio e Nuovo
I tanti antagonisti introdotti in questa testata, Pyg, Flamingo, La corte perlata, Re carbone, sono tutte tessere piazzate dal Guanto nero, e dunque, dal dottor Hurt. Con Joker, dall’altro lato, si figura il secondo nume di questa storia. Damian, che rappresenta il nuovo, è un centro di attrazione peculiare. Prima di aver destato l’interesse di Joker, sarà uno strumento di morte nelle mani della madre, la quale – con l’aiuto di Slade Wilson – lo controllerà a distanza come un bambolotto (e questo accade in Batman contro Robin), preconfigurando quanto accadrà con Batman Inc.
Successivamente, sarà anche il dr Hurt ad interessarsene, andando a svecchiare – per la prima ma non l’ultima volta in questa run – il famoso giuramento fra Batman e Robin (se non lo conoscete, lo vedremo insieme con Batman inc!), ma qui in vesti perverse e oscure.
Tuttavia, oltre a Damian, la grande novità introdotta da Morrison è il restyling pesante del dottor Hurt. Editorialmente è un mix fra novità e passato, ma non solo editorialmente. Egli è una nuova nemesi ma anche un antenato di Bruce. È a capo del Guanto Nero, responsabile di ogni amenità vista fino ad ora. Sceso a patti col diavolo (più o meno) pur di aver una longevità innaturale, e che si trova in uno stato di potere a seguito della scomparsa di Bruce. Ma, ed è un grosso ma, tutto questo gli ha procurato un nemico ancor peggiore di Batman: Joker. Il vecchio contro il nuovo, Joker contro il dottor Hurt. Da nemico, Joker funge da strano alleato per la bat-family e fra i due rivali – i quali si contendono Batman ma anche Gotham – si istaura una curiosa e bizzarra partita a scacchi; partita vinta da Joker tramite il più ingenuo e basilare scherzo: la buccia di banana. Come dichiarerà anni dopo Morrison, fu una scelta voluta: strutturare uno scontro ingegnoso fra menti contorte e farlo terminare con un gesto classico e semplice. Joker, in seguito, seppellirà vivo Hurt – affetto dal veleno del pagliaccio – andando a porre un punto e virgola (fra poco vedremo perché) alle sue gesta. Frettolosamente – ma un po’ meno leggendo anche ciò che sapete voi – ma in modo decisivo, Bruce Wayne riuscirà a tornare al proprio tempo, e lo farà foriero di nuove idee e con una consapevolezza di sé inedita.
Preludi
Come si diceva, Morrison prova a dare più importanza alla figura di Bruce Wayne e della sua famiglia. Batman è legato alla famiglia Wayne per via del trauma, come è ben noto. Con Crisi finale, e ciò che ne consegue, anche in un senso eminentemente metafisico. Un terzo modo in cui Batman dipende dai Wayne è, meramente, economico. Bruce, ritornato in città ( nel tempo giusto), pubblicamente dichiara di esser da anni finanziatore occulto di Batman e di voler, ora, sotto agli occhi di tutti, estendere questo progetto su scala globale. È la nascita di Batman Inc.
Lo speciale Batman the return è l’ultimo elemento che voglio qui prendere in esame. In esso, Morrison enfatizza prosaicamente l’iconico momento in cui un vecchio, gigantesco e malconcio pipistrello (aggiunte di Morrison) entra in casa Wayne (Detective Comics 38, 1940) e da questo momento fondante, riparte per mostrarci i primi preparativi per il frenetico progetto di Incorporated. Grande rivoluzione estetica a opera di David Finch, il quale ridisegna il costume di Batman secondo alcune indicazioni di Grant, intente a dare un’impronta classica ma anche iper moderna. Lo scozzese immagina Batman, come altri super eroi, similare, per portamento, ad un semidio o ad un eroe greco. Non solo per la fisicità, ma anche per la cintura – tipico elemento, appunto, di semidei ed eroi. Questa fisicità è massimamente espressa da un autore come Finch, con le sue matite dure, corpi imponenti e scenari cupi. Il costume super realistico, e ricco di dettagli pescati dalle innovazioni belliche (e dai guanti per motociclisti), è un’esigenza narrativa: come distinguere Bruce da Dick? Perché sì, col ritorno di Bruce Dick non smette di esser Batman. Ormai Damian ha stabilito un rapporto intenso con lui e non ha la minima intenzione di cambiare le cose. Con Bruce impegnato su scala globale, poi, è più che evidente che sia necessaria la presenza di un Batman in pianta stabile a Gotham. Ecco, per chi volesse proseguire la lettura del nuovo dinamico duo, rinnovo l’invito a continuar a leggere anche i numeri successivi all’abbandono di Morrison e che precedono il restart.
Lentamente, nella run di Morrison, Batman diventa un simbolo universale. In questo la gestione dello scozzese è avanti a tanti altre: egli ha la capacità di costruire una leggenda del pipistrello che travalica i normali limiti temporali, editoriali, storiografici, d’azione, metafisici. Il suo stesso evento, Crisi finale, era direzionato in questo senso: dare un nuovo lustro all’immagine del pipistrello tramite un’identità più ampia, un’impronta oscura talmente grande da condizionare l’intero multiverso.
Senza Crisi finale non avremmo Dark nights: Metal. Spesso gli eventi aprono parentesi destinate a chiudersi rapidamente, ma vuoi perché Crisi finale sia indissolubilmente legata a una run lunga e articolata, vuoi perché Morrison è un pazzo scatenato ma anche un autore apprezzato, qui non abbiamo una mera goccia in un mare infinito. Ma per capire esattamente come l’ombra di Batman si proietti sul multiverso e come non avremmo Metal senza Morrison, vi invito a leggere il prossimo articolo; il quale avrà un andamento un po’ diverso dai primi. Tenetevi forte.
Ultime annotazioni
Prima di passare al Ritorno di Bruce Wayne, ci sono giusto due cosette che vorrei aggiungere, entrambe riguardando il Dottor Hurt. Ho volutamente omesso quanto accade nel numero 15 di questa testata, quando Hurt finalmente entra in contatto con la scatola misteriosa (bat-box). Perché questo mi obbligherebbe a spiegare qui troppe cose, le stesse di cui poi Morrison si occupa nel ritorno. E dunque solo nel prossimo articolo sveleremo il mistero dietro alla scatola nascosta (da chi poi si vedrà). Inoltre ho scritto prima che Joker mette un punto e virgola, e non un punto, alle vicende di Hurt. Questo perché egli ritornerà. Per chi volesse leggere la “continuazione” consiglio di recuperare la gestione di Tim Seeley su Nightwing (2016) durante Rebirth. In Nightwing must die abbiamo un vero proprio sequel della gestione di Morrison. Già dal titolo abbiamo un richiamo al secondo arco narrativo di Batman & Robin, inoltre qui avremo come avversari prima Pyg e poi Hurt. E come accadeva in Morrison con il dinamico duo distorto e la dollotrizzazione, anche qui avremo Darkwing e il proprio Robin, entrambe creature di Pyg. Dick tornerà a far coppia con Damian in modo temporaneo, dato che il primo è tornato a Blüdhaven e il secondo è nei Teen Titans. Ma, come se il tempo non fosse trascorso, restano sempre i migliori.
Laureato in filosofia, maestro d’ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà.
Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.