Un titolo oscuro e pomposo per un tema spesso al centro dei più accesi dibattiti. Amata o odiata, la continuity fa parlare di sé. Senza voler dare altro spazio alla fumosità del titolo, vi spiego subito cosa mi prefiggo di mostrare in questo articolo: l’illimitatezza della continuity è la paradossale fonte dei suoi limiti. Penso che molti di voi abbiano avuto a che fare con frustranti normalizzazioni: sì parlo proprio di quelle situazioni in cui una delle due major vi promette enormi cambiamenti. I quali sì avvengono, ma durano un paio di mesi. Degli immensi eventi (che poi, che eventi sono se ne abbiamo almeno uno all’anno? chiamale ricorrenze, tipo Natale) che uccidono personaggi centrali (per massimo qualche anno) e pongono rivoluzioni straordinarie ( che finiscono intorno al penultimo numero dell’evento). Ahimè, è inevitabile che quasi tutto il pathos sfumi in una qualsiasi serie regolare. Morti importanti, grandi cambiamenti o qualsiasi cosa vi
faccia strabuzzare gli occhi sono solo temporanei. Molte serie, soprattutto se siamo legati al protagonista, sanno comunque intrattenere. Penso personalmente a Doctor Strange o Lanterna verde: personaggi fighi in contesti fighi. Altre serie, forse, sono però meno fortunate: dove, magari, quel pathos di cui parlavamo sarebbe vitale e alieni e magia non vengono in soccorso.
Da bambino l’idea che Batman fosse senza fine mi rendeva felice, ma ad oggi mi sento di dire aprioristicamente che la continuity sia un assoluto bene? COL KLYNTAR. Questo non solo per una presa di consapevolezza del “se non finirà mai, allora determinate cose non potranno accadere (o se accadranno si normalizzeranno)” ma anche perché, con gli anni, il mio sguardo è andato parzialmente altrove. Per rimanere in America penso alla Image, o volendoci spostare, penso ai Manga. In entrambi i casi possiamo avere a che fare con enormi progetti mooolto lunghi (come piacciono a me), che ti tengono amorevolmente incollato per anni. Numero dopo numero, capitolo dopo capitolo, ti immergi sempre più in profondità in un universo parallelo, scoprendone protagonisti e le loro peculiarità; e solo col tempo, ti leghi inevitabilmente ad uno di loro. E se morisse? Beh cavolo ne soffrirai tantissimo. Ecco, mi manca soffrire. Assurdo vero? E invece no: una storia deve emozionare, nel bene o nel male, ma io voglio provare qualcosa! Voglio sentire il cuore arrivarmi in gola, con la paura di girare pagina e vedere il mondo crollarmi in una singola tavola. Una storia che, nel suo avere una fine, e proprio per questa ragione, sappia creare il terrore: il limite fa pathos [si normalizza sta ceppa].
Proviamo un po’ tutti questa emozione, che sia uno shonen, una serie dark horse/image o anche una serie tv. C’è però chi si affeziona alla continuity in quanto tale ergendosi quasi a protettori della stessa. Non sono mancate assurde minacce di morte ad alcuni sceneggiatori [Cates con il suo venom recentemente], i quali, hanno osato aggiungere un tassello ardito ad un lungo percorso editoriale. D’altronde, la continuity è un po’ come il percorso storico: quello che è scritto, è. In una qualche misura “esiste”. Batman si sposa? Batman si è sposato. Punto. C’è chi dunque prende anche troppo seriamente la vita di un certo personaggio, guai a fare cose nuove!
Ne ho dette di tutti i colori ma è anche vero che non mancano motivi per voler seguire (e amare anche per questo) una serie in continuity: penso a Spider-man e le sue vicende di cuore o Daredevil e le sue sciagure (i quali, in ogni caso, hanno donato meravigliose storie nei loro periodici).
Affezionarsi ad un personaggio, e seguirlo nella sua infinita quotidianità, crea una piacevole routine, un po’ come l’episodio del tenente colombo su rete 4 davanti ad una tazza di tè. La tragedia però forse un po’ si perde nelle maglie dell’illimitatezza, la quale, non può permettersi traumi duraturi. Tutto si rimargina con il tempo, ciò vale anche per gli universi narrativi.
Laureato in filosofia, maestro d’ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà.
Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.