Questa che mi appresto a scrivere è una sorta di guida al lavoro a stampo cosmico del enfant prodige di Marvel: Donny Cates. Volendo parlarvi – prossimamente – del suo Thor mi sono reso conto che, forse, qualche pezzo si perde se non si ha consapevolezza di cinque lavori pregressi, quasi tutti dall’altissima qualità. Oggi vi parlerò delle prime due miniserie, uscite fra il 2016 e il 2018: Thanos vince (storia che esce alla fine della gestione Lemire-Deodato, dal numero 13 in poi) e la miniserie di 5 numeri, Cosmic ghost rider. Sia qui, che negli altri lavori che vedremo in un prossimo articolo, la figura di Thanos è invadente. E se non ne abbiamo consapevolezza, come comprendere tutte le sfumature che vi sono al termine del primo arco narrativo di Thor, quando Thanos ci appare essere la fine del tutto? E così non comprenderemo nemmeno l’importanza di Beta Rey Bill e le sue avventure con i guardiani, o perché Silver Surfer sia diventato nero, o perché diamine chiunque finisca per essere un araldo di Galactus. Insomma, date qui un occhio.
Thanos Vince
La nostra prima tappa parte nel futuro e da una prospettiva inaudita. Fra tutti i viventi, alcuni di questi sono più valorosi di altri: gli Avengers. Un piccolo gruppo di individui dalle straordinarie capacità. Eppure, anche questi individui, per quanto si sforzino, per quanto tentino, portano con sé un’inalienabile certezza, una paura inconscia, un timore reverenziale: Thanos vince. E se il Titano oscuro, l’innamorato della morte, il cercatore metafisico, le cui sconfitte sono quasi sempre imputabili a un suo desiderio di fallire (e dunque negazione, in senso lato morte), finalmente vincesse? Se assolvesse al proprio compito cosmico? Queste sono le nostre coordinate con cui partire, ma prima di arrivare al loro vero fiorire, la miniserie si apre in un contesto più familiare, con un Thanos del presente alla ricerca di nuove sfide, ormai perennemente trionfante e… annoiato. A tal proposito, mi permetto di rimandare ad un articolo precedente, legato ai personaggi Op, dove dico già qualche cosetta sul Thanos di Cates, cosette di cui NON tratterò in questo articolo:
Le matite sono di Geoff Shaw, un lavoro meraviglioso che esprime a pieno – con tratti precisi, duri e angoscianti – il futuro dispotico e violento pensato da Cates. Il quale, dal canto suo, porta avanti una piacevolissima narrazione fuori campo, dai toni epici ma anche squisitamente moderni, calzanti per la figura gloriosa e malinconica del folle titano. L’irriverenza dell’autore è il centro gravitazionale dell’intera miniserie, partendo da un Ghost rider cosmico, viaggiatore temporale nonché ex araldo di Galactus al servizio dell’ultimo Re (Thanos), da un Hulk cagnolino del titano, alle infinite e gratuite morti degli eroi più potenti della Terra. Ma perché non citare anche un palazzo costruito con le ossa dei Celestiali uccisi o un trono realizzato con il cranio di Galactus?
Ghost rider, con un frammento della Gemma del tempo, preleva il Thanos del presente per portarlo a milioni di anni di distanza, dove incontrerà la sua versione anziana e pressoché onnipotente. Quando il tempo è qualcosa di relativo, inizio e fine si uniscono. Dinnanzi all’eternità, cosa vuoi che siano i singoli momenti di una sola vita? E così la fine dell’universo coincide con la nascita stessa di Thanos. “Thanos” un nome strano, portatore di morte. Una scelta non voluta, fino in fondo neanche una scelta, della propria madre. Come vuoi chiamare un essere così diverso, dagli occhi profondi e oscuri come l’universo (scusate la rima)? Percepisci di aver messo al mondo un vero Dio, e come gli eroi della Terra, porti con te l’angosciante consapevolezza che ti ucciderà.
Il futuro di Thanos, immaginato da Cates, non è che una conseguenza della sua natura, potremmo dire faustiana. Una tensione continua verso il miglioramento di sé, la conoscenza, il potere, lo streben. Quando hai l’immortalità dalla tua è solo questione di tempo prima che gli altri invecchino e tu sia sempre lo stesso, o meglio, sempre migliore. Ma Thanos resta davvero lo stesso? Pensiamoci. Se Thanos fosse rimasto assolutamente lo stesso, questa storia non ci sarebbe. Re Thanos non avrebbe chiamato a sé la sua controparte più giovane, la quale, dinnanzi a tutto ciò che osserva nel futuro, si stupisce solamente per alcune parole pronunciate dal Re di ogni cosa: per favore. Semplicemente inconcepibile per il nostro Thanos, impensabile che il Titano si pieghi dinnanzi ad un altro e gli chieda qualcosa. Qualcosa che non può ottenere da solo, quantomeno senza un altro sé. E dunque di cosa necessità Re Thanos ? Di ritrovare e congiungersi con l’amata lady Morte.
L’amore per lei è anche il motivo per cui Ghost rider è sempre lì con sé. Normalmente il potere di quest’ultimo ha a che vedere con il rimorso. Guardarlo negli occhi significa ripercorrere con dolore i propri peccati. Ma per Thanos, come per tutto ciò che esperisce, è diverso. Lui opera per amore della morte, ogni singola uccisione è un tratto di penna della sua lunghissima lettera d’amore verso l’unica amata. Per il folle titano guardare nel teschio del Ghost rider è un piacere sconfinato, da ripetere ogni giorno. Come chi rilegge con soddisfazione una propria lettera ben scritta.
Per conquistare Morte, Re Thanos necessita dell’aiuto del sé più giovane; apparentemente solo per uccidere il Caduto. Che noi sappiamo essere un ex araldo di Galactus, insomma sembrerebbe nulla di troppo complesso. Tuttavia il Caduto, qui, non è tanto un singolo individuo quanto un esercito: un’ondata annihilus capitanata dall’insolitamente scuro Silver Surfer.
Il tempo, ci insegna Cates, cambia qualsiasi cosa, anche gli immortali. La personalità esuberante e deadpooliana del Ghost rider cosmico ne è un esempio. Senza dirvi chi è (ma dovrò dirvelo fra poco, quindi occhio agli spoiler), questi da mortale incarnava una personalità estremamente seriosa. Ma migliaia d’anni all’inferno, qualche altro poi come araldo di Galactus e milioni di anni con Thanos lo hanno reso decisamente folle, e intimamente diverso. E così Hulk, qui piegato in modo mortificante, è un qualcosa che solo il tempo ha saputo porre. E poi Re Thanos e la sua immensa malinconia, Silver Surfer adombrato di un putrido livore. Il tempo leviga vecchi personaggi e così si pongono comprimari completamente nuovi nelle mani di Cates (e da qui l’esigenza di fare delle miniserie ulteriori).
Thanos non comprende come un Re possa esser così legato all’amore di Morte, quando lui nel suo tempo ha temporaneamente deciso di distaccarsi. Ma come ci si può separare dalla morte? Nemmeno lui, nella sua longevità, può. E questo necessario legame con la morte si traduce in lui in un eterno ed etereo amore, in una eterna attesa. Un quadro così poetico e drammatico, in un contesto poi decisamente tamarro. Perché Re Thanos con la spada di Surtur che picchia l’esercito del Caduto, così come ha sterminato gratuitamente l’universo Marvel, è decisamente tamarro.
Tornando lievemente nel passato, Cates ci mostra come il Ghost rider cosmico sia diventato quel che è. Con Thanos sempre più vittorioso, e poche anime nel mondo dei vivi, ci stava ben poco da vendicare per un Ghost rider, tanto quanto ci fosse poco da mangiare per Galactus; fra l’altro costantemente inseguito da Thanos. Galactus aveva bisogno di asilo, di aiuto. E in questo frangente incontra Ghost rider, suo prossimo araldo. Ma se Thanos è inarrestabile, anche Galactus non ha molte possibilità di cavarsela. Ecco, in un altro universo, il racconto di Galactus che fa suo un Ghost rider potrebbe dar vita all’epocale narrazione della vittoria finale su Thanos; ma non in questo universo, dove questo momento storico è solo un ennesimo fallimento.
Negli anni mi son sempre chiesto come definire efficientemente questo stile peculiare di Cates, che più volte ci propone. Quello spirito nipponico, con uno spiccato gusto per l’arte combinatoria dei Power up e delle fonti di potere. La creatività fanciullesca, l’amore per i giocattoli, la combinazione inesauribile degli stessi. Insomma, proviamo a dare un nome a ciò che gli fa immaginare uno scenario dove fa impugnare, al suo black Silver Surfer, Mjlonir per contrastare un Ghost rider – nonché (ORA SPOILER)… ex Punitore – dai poteri cosmici di Galactus e due Thanos, di cui uno con la spada di Surtur in modalità cappa (armatura) e spada. Capite di cosa sto parlando? È divertente, bizzarro, così colorato e… tamarro (per ora usiamo questo termine e basta, ok?).
Nelle immagini sovrastanti ci sta la vera essenza del nostro autore, accompagnata dal talento di Shaw. I disegni sono inquietanti con questi sorrisi, il sangue, la fisicità imponente, la violenza. L’ottima dinamica vi è quando serve e non si arretra di un passo con l’elemento statuario di queste figure divine. Cates ci va pesante con i toni cupi e l’assoluta drammaticità del momento. Con la morte di Surfer, sullo sfondo – ergo lontana – compare l’amata lady Morte. Pronta per il matrimonio? Non proprio.
Re Thanos per stare con lei necessita, come tutti, di morire. La sua lunga vita, i suoi cicli di morte, hanno allontanato la sua amata. Come vedere la morte se non puoi morire e hai già ucciso quasi tutti? Con la morte di Surfer, egli ha l’ultima occasione di incontrarla ma, per stare insieme, necessita di morire. Ecco dunque a cosa realmente serviva la presenza del giovane Thanos. Il quale, però, non conclude lo scontro, provando ribrezzo per quello che sarà e, con il frammento di Gemma del tempo, ritorna nel proprio tempo promettendo che, in un modo o nell’altro, eviterà di diventare un falso Re: un essere che si inginocchia e prega. E così è, Thanos vince. Una vittoria che si declina con il mancato raggiungimento di uno stato empio per il nostro Thanos e con la morte (o la non-nascita) per il Re. La circolarità permea la serie, la quale si chiude dissolvendosi nel nero della morte e non lasciando – apparentemente, di nuovo – molte conseguenze.
A chiudere un’ottima mini serie, fra le migliori lette negli ultimi anni, vi è un annual davvero divertente che mostra quanto la malvagità di Thanos possa spingersi per amore. Quando l’amore per la morte non è solo la morte fisica, ma la morte delle idee, del potenziale, dei migliori futuri possibili. Cancellare lo spirito, distruggere le possibilità, lo appaga quanto – se non più – della morte fisica, e questo strano amore lo porta ad essere un concentrato di malvagità. Tuttavia, la sua lettura non è solo piacevole ma necessaria. Tutto l’annual è una narrazione offerta dal Ghost rider cosmico. Il quale è morto. Sì non v’è l’ho detto, ma Silver Surfer lo fa letteralmente a pezzi con un solo colpo di Mjolnir. Ormai morto, ci narra delle vicende di Thanos, davanti al cancello del Valhalla dove lo aspetterà Odino … E la propria mini serie.
Ghost Rider Cosmico
Prima di addentrarci è bene chiarire una cosa: qui parlerò solamente della miniserie relativa al personaggio, scritta da Cates e disegnata da Dylan Burnett. Il personaggio ha avuto un discreto successo, e ha ricevuto altre due mini serie. Una, a omaggiare la propria natura deadpooliana, fa il verso al mercenario irriverente, con Cosmic Ghost Rider destroys Marvel history (2019), e una seconda, Revenge of the Cosmic Ghost Rider (2019-2020).
Momento pigrizia:
Nessuna delle due ha però Cates come autore e dunque… inoltre con queste bellissime immagini sottostanti, mi risparmio il riassuntino:
Giunto nel Valhalla, con un gesto di insolito altruismo e di sincero apprezzamento – poiché viene salvato da una timeline morta – Odino dà una nuova possibilità a Frank Castle; il quale è però insoddisfatto del tanto agognato e immeritato paradiso. Perché? Proprio per via del termine “immeritato”. Il punitore ha sempre creduto che un giorno avrebbe conosciuto la sua stessa medicina. Dopo aver operato per conto dell’inferno, del divoratore di mondi e addirittura di Thanos, come può un esser senza anima meritare una dolce morte ? E così Odino gli restituisce la possibilità di tornare a essere l’entità di vendetta per eccellenza: una commistione fra Punisher e Ghost rider. Che scelta geniale. Odino può spedirlo in ogni tempo e ogni luogo e così Ghost rider si ritrova ad essere nuovamente un viaggiatore spaziale, alla ricerca del Thanos infante: uccidere e prevenire.
Giunto al suo cospetto, però, Frank non riesce a ucciderlo. Lo sguardo di vendetta, tanto amato dal Thanos adulto, qui non ha effetto poiché è un neonato, ed è innocente. Se ucciderlo non sembra nelle sue corde, allora perché non portarselo con sé nelle proprie avventure cosmiche e magari – strada facendo – evitare che diventi un cattivone? Queste sono le premesse, circa quelle che avrà poi il mandaloriano, ma sono dettagli di casa Marvel che a noi poco interessano.
Tanto umorismo, ritmo scanzonato, con Frank insegnante di etica. E ancora una volta: come può, un individuo come il punitore – che ha perpetrato atrocità per millenni, dopo l’accomiato dalle proprie spoglie mortali e che ha venduto l’anima all’inferno – poter essere un buon insegnate di etica? E come pretendere di farlo su un pianeta che sta per esser divorato ingiustamente da Galactus? E infatti le cose non vanno proprio come vorrebbe. Giunge Atu l’Osservatore, il quale sostiene che il futuro sanguinario di Thanos sia immutabile, in quanto una di quelle vite decisamente importanti per le sorti cosmiche, “bloccato” da qualche antica e potente entità.
Poco dopo Atu, giungono anche dei bizzarri esponenti dei Guardiani della galassia, direttamente dal futuro che Frank sta contribuendo a creare. Soffermarsi troppo su questa configurazione dei guardiani è una perdita di tempo, dato che è, senza girarci intorno, una gag di Cates. Tutti vengono uccisi immediatamente da Galactus, tranne Cable che si salva al solo scopo di saltare nel proprio tempo e ritornare con abbastanza potenza di fuoco da potersi liberare di Galactus. Salterà ancora un centinaio di volte, sempre più vecchio, e con una configurazione sempre diversa dei guardiani. Insomma è tutto un gioco di viaggi temporali e guerre lampo, come accade in Invincible.
Ma il dramma, e con risvolto comico, è dietro l’angolo. L’enorme forza di volontà di Cable è giustificata dal fatto che Castle ha peggiorato le cose con la sua educazione personale: Thanos diventerà Punisher. E cos’altro poteva mai succedere?
Spontaneamente ci chiediamo: Cosa avrà mai ideato, nel proprio futuro, un Thanos-Punisher? Ha creato dei campi, ha permesso ai cattivi di fare i cattivi, ma all’interno di città di isolamento. Un paradiso terrestre da un lato e la peggiore Gotham city possibile dall’altra. Insomma, come sempre, Thanos prova a sistemare – senza troppi scrupoli morali e compromessi – il mondo.
Se si aggiunge che il titano ha ereditato da Castle la propria etica contraddittoria, ci si può chiedere se effettivamente quei cattivi siano i cattivi. È tutto arbitrario, basato su principi di esclusione piuttosto opinabili. D’altronde Cable e company provengono da quelle stesse colonie. Ironico che Frank si ritrovi di nuovo fra due Thanos. E fra questi si inserisce l’elemento drammatico, fra tanta comicità e assurdità. Il mondo creato da Thanos è un mondo in cui, in ambiente protetto, possono ancora vivere Frank – prima di essere Punisher – e sua moglie, mai morta; poiché salvata da Thanos stesso. Ma se Frank vive in quel mondo, e in un certo senso lavora ancora per Thanos, allora cosa è cambiato? Se anche senza trauma, e toccato da una vita idilliaca, Frank si trova nello sbagliato più totale, nel putrido etico, allora la colpa non è mai stata di Thanos ma di Castle stesso. Era nella sua più intima natura, lo sbaglio, la caduta; l’errore più totale proveniva sempre e solo da lui e in qualsiasi condizione. Questo rende ancora più folle – se possibile – il Ghost rider cosmico, che quantomeno aveva Thanos da incolpare per essere quel che è, deresponsabilizzandosi moralmente. Ora non più. Il suo più grande errore, il patto con folle titano, non era causa bensì conseguenza della sua natura intimamente distorta.
E così Frank uccide il Thanos di quella timeline, e decide di riportare la sua versione infante lì dove lo ha trovato. Senza sapere cosa possa cambiare, o se qualcosa possa cambiare, ha quantomeno deciso di non iniziare quel percorso uccidendo un bambino, forse conscio che è quello che intimamente avrebbe voluto fare, che quella sua natura sbagliata gli chiedeva di fare. E per questo, lady Morte lo ringrazia. Dicendoci come fosse lei l’entità che impediva a Thanos di morire, e come lui, lei ha scelto tanti esseri mortali (o quasi tali) che incarnassero la morte nel mondo materiale. Ironico come, seppur Thanos sia stato scelto dalla sua amata fin dalla nascita, forse dandogli ragion di questo strano amore, non sia l’unico; e il tutto perde di nuovo di valore.
Frank è fra questi? Decisamente.
Pros
- Incredibile lavoro di decostruzione e ricostruzione da parte di Donny Cates su alcuni fra i più classici personaggi Marvel
- Comparto grafico stellare in entrambe le serie. Epicità sconfortante nella prima, scanzonato viaggio cosmico a tratti cartoonesco nella seconda
- Per quanto ci riguarda potete fermarvi qui nella lettura e non procedere oltre. Bastano a loro stesse, non vi serve sapere altro né dovrete necessariamente buttarvi in altre infinite letture. Ma se la qualità resta questa, perché fermarsi?
Laureato in filosofia, maestro d’ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà.
Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.