Ralph Bakshi è una creatura strana: per la critica i suoi lungometraggi sfiorano la sufficienza; al pubblico è per lo più ignoto; agli addetti ai lavori del suo settore piaceva tanto, il MoMA di Manhattan lo ha in effetti eletto ad arte.
L’animazione per adulti
Quando la nostra storia comincia, i cartoni per adulti in occidente praticamente non esistevano. Esistevano fumetti e illustrazioni per adulti, ma i cartoni si può dire di no; del resto dire cartoni negli States negli anni ’70 significava probabilmente dire Walt Disney. Per carità mi sono imbattuto in singolarità curiose cercando di individuare i passaggi di questo racconto: il curioso Victory Through Air Power fu realizzato dallo stesso Walt Disney, Animal Farm del 1954 è un cartone animato di propaganda commissionato nientemeno che dalla CIA.
È in questo scenario che Ralph Bakshi realizzò Fritz the Cat, non senza difficoltà causate dalla generale riluttanza a dargli retta (era ancora alle prime armi), a realizzare un cartone animato per adulti, ad accordarsi con il creatore di Fritz (Robert Crumb) per i diritti, circa in quest’ordine.
Era il 1972 quando Fritz the Cat vide la luce. Fu classificato X per i suoi contenuti, i cinema e i giornali si dimostrarono riluttanti a promuoverlo e il suo rating divenne la principale pubblicità della pellicola. Il risultato fu che la gente pensò per anni si trattasse di un porno, Bakshi stesso dovette ribadire che no, non lo era, nonostante le scene esplicite pure presenti. Del resto un cartone animato per adulti, dove la locuzione sottintende la pornografia o almeno contenuti erotici, non sarebbe stato una gran cosa perché ve ne erano già in circolazione. Magari portarlo al cinema, questo sì, sarebbe stato una provocazione senza precedenti, ma comunque non era nell’interesse di Bakshi.
Il primato consisteva semplicemente nell’aver realizzato un cartone animato che non fosse strettamente rivolto ai ragazzini (e che non fosse nemmeno qualche strano esperimento di propaganda): Fritz the Cat conteneva satira, politica, un certo tipo di umorismo, tutte cose queste che un bambino o un ragazzino non coglierebbe a fondo o comunque non apprezzerebbe. C’era poi anche, si potrebbe credere, la volontà di dare una spinta all’animazione indipendente.
E c’era anche volgarità e nudo, perché la sessualità era comunque uno dei temi vivi della storia, e Bakshi, potendo scegliere, aveva scelto di raccontarla senza filtri.
Negli anni successivi il resto della produzione di Bakshi si fece a mio parere meno provocante, ma restò fitta, più fitta degli sporadici cartoni fuori dalle righe che qualcuno aveva proposto nei due decenni precedenti. E né Wizards, né Heavy Traffic sono film per bambini, neppure Cool World, che qualcuno ha definito “a Roger Corman version of Roger Rabbit“, o l’innocuo Fire and Ice sono scritti con i bambini in mente, e così tutti gli altri. Sono solo film, incidentalmente animati.
Fire and Ice, del 1983, è un progetto relativamente infelice, ma in questo caso poco importa. L’impianto narrativo e i personaggi ricordano da vicino altri racconti epici degli stessi anni: Legend, Conan the Barbarian, alcune storie di Heavy Metal. Il tutto è tendenzialmente meno ispirato, e i concept di Frank Frazetta non bastano a risollevare il risultato finale. Io però l’ho visto e mi sono divertito, il suo essere fin troppo di genere lo rende per nulla memorabile ma non brutto. Certi personaggi e situazioni strappano un sorriso, ma tutto sommato sta in piedi, e intrattiene anche perché appunto non cerca di strizzare l’occhio alle fiabe, all’infanzia, non cerca di lanciare un messaggio educativo o fare la morale allo spettatore. È solo un film d’azione.
Sembra banale, ma mentre accettiamo liberamente Van Damme e Vin Diesel, Fast & Furious e The Expendables, un prodotto di animazione o punta a dirci qualcosa di importante oppure è un prodotto per bambini. Facciamo fatica, questa è la mia impressione, ad accettare una terza via.
Cartoon Network
Alla fine degli anni ’80 comparve Matt Groening. Per South Park, Family Guy, si dovrà attendere altri dieci anni, ma era già tutto pronto. I Simpson hanno riscritto le regole ancora una volta, e portato tutto su un’altra scala. Però fanno ridere, e se non sono una cosa proprio seria possono essere a cartoni. Anzi, devono essere a cartoni perché così possiamo metterci più violenza, più schifezze di ogni genere, volgarità. Forse è paradossale ma se ci pensate nei cartoni è sempre stato permesso un tipo di situazioni che non si potevano proporre pari pari in carne ed ossa, una certa violenza surreale per esempio, un certo modo di fare allusioni.
Un po’ per un fatto tecnico: che ci vuole a stirare un gatto a cartoni? Invece farlo in un film quello è difficile. Un po’ era consentito dall’approccio scanzonato al medium, e infatti certi cliché delle serie di Hannah-Barbera o dei primi Looney Tunes si rivedono solo in serie volutamente cazzone e retrò, che so mi vengono in mente i Teen Titans Go.
Quindi i Simpson si potevano fare, e avevano funzionato. Ma un cartone animato con una trama che si prendesse sul serio? Non ho ovviamente modo di provare questa affermazione, ma io non credo che una serie come I Simpson possa essere considerata un’apripista per questo. Insomma o fai le cose per ridere o le fai per bambini. Lo sapevano tutti.
Tutti tranne quelli che i cartoni li realizzavano. Negli anni ’90 abbiamo avuto Spider-Man TAS, tra gli altri. Riguardandolo ora penso che i nemici di Spider-Man in quegli anni fossero ognuno una diversa metafora della tossicodipendenza. È una battuta, chiaro, ma è innegabile che molte tematiche sociali trapelassero come analogie e allusioni più o meno consapevoli all’interno della serie, e non deve stupire se si considerano gli sforzi fatti negli stessi anni dalla Marvel a fumetti, soprattutto sugli X-Men, per parlare di discriminazione, sessualità, eccetera. Era una serie rivolta agli adolescenti comunque più che agli adulti. E poi c’era Cartoon Network.
Perché tanti adulti guardavano Cartoon Network negli anni ’90? Contenitori progressivamente più ampli vennero dedicati esplicitamente a loro fino ad arrivare alla creazione di Adult Swim nel 2001. Molte volte anche nelle fasce orarie per tutti bastava che i cartoni sembrassero per bambini, ma dentro ci potevi mettere di tutto, e anche per questo man mano il bacino di pubblico interessato si espandeva.
Alcune serie di CN di quegli anni – tra cui Samurai Jack, Courage the Cowardly Dog, Space Ghost Coast to Coast – avevano una cifra stilistica unica, indipendentemente dal pubblico di destinazione.
L’animazione per adulti oggi
Oggi, dopo vent’anni, complice anche un mercato che ha spazio per più prodotti e può accontentare di conseguenza anche il pubblico più di nicchia, i cartoni che si prendono sul serio sono una realtà affermata, non più soltanto nel genere comico. Sarà che chi guardava i cartoni negli anni ’90 stavolta non ha più smesso, sarà che semplicemente a furia di provarci ha funzionato.
E Bakshi, con i suoi tentativi anche piuttosto goffi, ce lo siamo lasciati infine alle spalle. Abbiamo avuto Bojack Horseman, Final Space, Star Trek: Lower Decks, abbiamo avuto The Midnight Gospel, Primal e un mucchio di altre cose che non sto ad elencare. Di alcune abbiamo già parlato, di altre parleremo: ce n’è di cose da dire!
E torneremo a parlare anche del passato, soprattutto di Bakshi.
Per ora, però, vi saluto!
Aspirante studente e pigro dalla nascita, appassionato di storie in ogni forma e di sentenze sensazionalistiche poco argomentate. Per altri dettagli vi rimando all’autobiografia che non scriverò mai dal titolo provvisorio di ‘Indecisi’ – ‘Mainstream’ era già preso.