All’annuncio del nuovo progetto di Obsidian Entertainment, la casa di Fallout New Vegas, molti videogiocatori sono andati in visibilio iniziando ad aspettare questo titolo con molta più enfasi di quella riposta per brand più rinomati. Fallout New Vegas, complice dialoghi scritti in maniera magistrali e grandi e ben sviluppate possibilità lasciate al giocatore, si è conquistato un posto piuttosto grande nei cuori dei giocatori. Era normale, quindi, attendersi lo stesso grado di cura e attenzione anche per questo nuovo progetto, almeno sul fronte narrativo. Possiamo confermare di non essere stati per nulla delusi da The Outer Worlds, nonostante la limitatezza di un progetto praticamente finanziato in proprio.
Un Mondo Nuovo
La prima cosa che balza agli occhi, dopo le iniziale ore di gioco, è la creazione di un sistema di mappe vario e affascinante. I pianeti visitabili nel gioco sono pochi ma ben caratterizzati, ognuno suddiviso in più aree, in modo da portare il giocatore a viaggiare più volte di terra in terra, senza rimanere nello stesso posto fino alla noia. Un particolare rilevante, per quanto riguarda l’estetica del titolo, è che Obsidian si è totalmente infischiata della verosimiglianza scientifica, nei colori e nelle strutture, cercando di mostrare qualcosa che fosse bello da vedere, affascinante e invogliasse la passeggiata e gli spostamenti. Una scelta che ci sentiamo di premiare, dato che raramente abbiamo assistito a caratterizzazioni estetiche così ricercate e particolari. Ogni elemento presente su schermo è connotato da una palette cromatica evidente e brillante, sia che si tratti del manto erboso che ondeggia al vento, sia che si tratti della presenza incombente di un pianete gioviano che occupa una grande porzione di cielo stellato. Il rapido ciclo giorno/notte è utilizzato, insieme al resto della varietà artistica, al fine di non far annoiare mai il giocatore, nonostante il titolo possa essere giocato in maniera piuttosto frenetica. I personaggi principali sono tutti ottimamente caratterizzati, sia nella scrittura che nell’estetica, in un’ottica che ricorda molto da vicino Mass Effect 2 su scala ridotta. Anche tutti gli NPC, pur tendendo a una sovrapposizione, a primo impatto (che poi è quello che conta data la relativa brevità delle conversazioni), sembrano tutti molto ben caratterizzati e riconoscibili. La scelta di utilizzare un’ambientazione Sci-Fi di inizio ‘900 non crea affatto contrasto ma potenzia l’assurdità delle situazioni e lo stile dei ragazzi di Obsidian. In definitiva, se dal punto di vista tecnico il titolo soffre di un’arretratezza di mezzi a disposizione, tutto è ampiamente compensato dalla direzione artistica che, al netto di qualche sforzo oculare di troppo, si mantiene godibile per tutta la durata del gioco.
L’eroe di Alcione
Allo scopo di lasciare la più ampia libertà possibile al giocatore, come da tradizione Obsidian, dopo aver creato il nostro alter ego capiremo subito di essere l’unico fortunato (o malcapitato) a essere risvegliato dalla stati crionegica dall’ambiguo Dr. Phineas Welles il quale, sfuggito alla cattura essendo un ricercato intergalattico dal Consiglio delle Aziende di Alcione, ci spedisce subito in missione a trovare una soluzione per tutti i coloni che, a differenza di noi, non è stato possibile risvegliare. Da qui parte un’avventura della durata di 15-25 ore in base all’approccio adottato, fra situazioni improbabili e dialoghi geniali, arrivando a complicate questioni morali da sviluppare a nostro piacimento. Anche dal punto di vista narrativo, poco da dire, The Outer Worlds è proprio come ce lo aspettavamo. Possiamo dire che è proprio questo aspetto ad elevare il gioco oltre una mediocrità complessiva data una rozza gestione del gunplay e della fruizione, di cui parleremo più avanti. La storia non tocca nessuna particolare vetta di profondità e complessità, anzi, anche quando potrebbe spingersi un po’ oltre nelle tematiche filosofiche e scientifiche, compie sempre un passo indietro per riallinearsi nella sua direttrice, fra il faceto e il giocazzeggio assoluto. Non che questo sia un male completo, ma non può certo competere con le trame di un The Last of Us, per citarne uno. La scrittura, la complessità e le possibilità offerte dal titolo sono comunque mediamente superiori alla maggior parte dei giochi in circolazione.
L’Autoplay divertente
Come da titolo, sono rimasto piuttosto disarmato, al contrario del mio personaggio, nel costatare già dopo le prime 4-5 ore di gioco, di quanto fossi praticamente invincibile senza che mi dovessi minimamente preoccupare di curarmi (nonostante infinite scorte di medicinali) e potendo sconfiggere da solo un plotone di nemici umani e creature. La facilità del gioco a livello normale, da un lato garantisce un percorso netto e senza intoppi anche a chi predilige seguire le dinamiche narrative, dall’altro favorisce l’esplorazione e il completismo. Tuttavia, non possiamo ritenerlo un elemento realmente positivo a causa del fatto che un gameplay di questo tipo non invoglia per nulla a sperimentare approcci diversi contro i nemici. La possibilità che il sistema di gioco si riveli stratificato e ben pensato rimane, appunto, solo un’ipotesi. Il combattimento con armi da fuoco, perlomeno durante la mia esperienza di gioco, ha surclassato quello con armi bianche. Ho praticamente utilizzato due tipi di armi solamente, in base alle munizioni (sempre di più rispetto al necessario) e senza mai dovermi preoccupare troppo neanche dei, pochissimi, boss presenti. In questo modo l’esperienza viene notevolmente appiattita, nonostante, a causa della sua durata, sia comunque piacevole portarla a termine. È vero che il gameplay targato Obsidian non è solamente gunplay e shooting ma nell’economia delle missioni riveste praticamente il 70%.
In conclusione The Outer Worlds rimane un gioco divertente, fin troppo facile nei combattimenti, ma piacevole da portare a termine scegliendo l’approccio che si preferisce, sia nei dialoghi che nelle battaglie. Resta un po’ di dispiacere per una scrittura sapiente e irriverente, ma che poteva osare qualcosina in più soprattutto nella gestione dei personaggi (con gli ultimi sbloccati un po’ sacrificati) e con la profondità in generale. Un’avventura attraverso i mondi impossibili di Obsidian che saprà certamente affascinare e trascinare il giocatore per le sue 15-20 ore riuscendo laddove titoli con ben più alte pretese falliscono miseramente.
Laureato in Filosofia, ricerca e difende la Verità anche in campo Estetico.