Se c’è una categoria di opere che più di tutte riesce a essere riconoscibile nelle menti delle persone, è proprio quella riferita al genere horror. Che la si voglia sperimentare in quanto emozione “forte” o esorcizzare provandola, la paura risveglia delle sensazioni importanti ed è per questo che il Terrore è uno dei generi più amati sul grande schermo e nei videogiochi. Per codesto speciale di Halloween vorrei approfondire il rapporto che lega lo spettatore/fruitore al genere horror in relazione a come viene presentato nel cinema e nei videogiochi. Procediamo.

Cinema: Jumpscare e psicologia

Nel cinema il genere horror è il più semplice e il più redditizio in relazione allo scarso budget investito. Dico “semplice” non in quanto sia facile realizzare pellicole del terrore belle, ma in quanto il fatto che c’è sempre un pubblico di adolescenti e più adulti pronto a riempire le sale, lo porta inevitabilmente a essere scelto e preferito sopra altri generi e sopra la qualità. Quanti titoli horror escono in un anno rispetto agli altri generi? Quanti solo nel periodo autunnale? Se dovessi iniziare una carriera da regista indipendente partirei certamente dall’horror perché fonte -quasi certa- di guadagno.

Tuttavia, il successo di questo genere ha oltrepassato fasi alterne nel corso della storia, soprattutto in base alla saturazione del pubblico riguardo il frequente uso dei Jumpscare, metodi di suscitare lo spavento, con apparizioni improvvise, in primo piano, spesso accompagnate da incrementi sonori forti e immediati.

Un’altra tecnica molto utilizzata è quella dello Splatter o Gore, che mira prevalentemente a suscitare una forte sensazione di disgusto e brutalità e per questo portare allo spavento in quanto “esagerazione”.

Per finire, una tecnica utilizzata soprattutto da opere solo parallelamente “horror” è la Suspense, la quale ha origine latine nel significato primario di tenere viva l’attenzione dello spettatore, ma trova la sua formalizzazione più precisa e attuale nella celebre frase del grande regista Alfred Hitchcock:

“La differenza tra suspense e sorpresa è molto semplice e ne parlo spesso (…) Noi stiamo parlando, c’è forse una bomba sotto questo tavolo e la nostra conversazione è molto normale, non accade niente di speciale e tutt’a un tratto: boom, l’esplosione. Il pubblico è sorpreso, ma prima che lo diventi gli è stata mostrata una scena del tutto normale, priva d’interesse. Ora veniamo alla suspense. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l’anarchico mentre la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto – c’è un orologio nella stanza – : la stessa conversazione insignificante diventa tutt’a un tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo: ‘Non dovreste parlare di cose banali, c’è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all’altro’. Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa al momento dell’esplosione. Nel secondo gli offriamo quindici minuti di suspense”.

Un’immagine tratta dal film Psycho di Hitchcock

Attualmente, se le prime due tecniche, a forza di utilizzo, sono viste come strumenti banali e scontati che rendono la pellicola che ne fa uso molto semplice e poco ispirata, la Suspense, se sapientemente generata e proprio in virtù del suo essere “atmosfera” (questione su cui torneremo alla fine), riesce a dare un quid in più alle produzioni che la utilizzano.

Infine, come evidenziato da Aristotele nella Poetica per quanto riguarda il disvelamento nella Tragedia, anche per le sensazioni di paura e terrore, sarebbe d’uopo una generazione che derivi dalla capacità della sceneggiatura di produrre significati inconsci o consapevoli forti. È nella scrittura e in ciò che viene rappresentato in termini di significato che si riesce a generare una consapevolezza profonda e quindi vera e propria paura. Questo vale per tutti i generi ma la paura è un’emozione fondamentale e per questo più avanti parleremo di Atmosfera come la capacità della rappresentazione di suscitare emozioni in forza della produzione di significati specifici.

La paura nel videogioco

Veniamo ora a parlare di come si realizzi l’Horror all’interno del media videoludico. Appare facile e scontato riferirci immediatamente al fatto che il grado di immedesimazione garantito dal fruire attivamente del videogioco, permette di generare paura, tensione e terrore in una serie di modi altrettanto validi.

Il doversi muovere nel buio, la gestione dinamica del suono, la tecnica del Jumpscare, del Gore e della Suspense, il dover affrontare la difficoltà e la paura e non solo vederla e provarla, sono tutte caratteristiche tipiche dell’horror videoludico che si parli di Resident Evil, agli albori delle prime PlayStation o di P.T. il teaser interattivo del fu Silent Hills di Hideo Kojima.

Proprio perché la declinazione del genere Horror nei videogiochi è sfaccettata e pregna di titoli che utilizzano tecniche diverse in maniera altrettanto valida, quello su cui mi preme puntare l’attenzione in questo articolo è un’affermazione di Hideo Kojima (il creator della saga di Metal Gear ) che conferma i miei pensieri in merito a giochi del genere del suo P.T. e Layers of Fear, cioè quei titoli di “simulazione di camminata” che pur non prevedendo la presenza di nemici da affrontare o da cui scappare, generano il senso di sfida proprio nelle sensazioni di angoscia, terrore e suspense che producono con effetti sonori e improvvisi cambiamenti estetici.

Quando si parla di film horror puoi per certi versi chiudere gli occhi quando guardi qualcosa di davvero spaventoso. I videogiochi sono diversi dai film, se chiudi gli occhi in un film puoi scamparla e il film continua ma i videogiochi sono diversi, è qualcosa di interattivo. Sei obbligato ad agire e a spingerti avanti Voglio creare un gioco horror ma non ho una buona soluzione per questo. Per P.T. volevo creare qualcosa che tutti potessero davvero condividere ma se sei troppo spaventato non vuoi giocare, no? 

Il punto fondamentale, che spiega l’efficacia del genere horror in ambito videoludico è proprio il fatto che il dover giocare mantiene l’attenzione sempre costante ed è più facile far provare paura al giocatore. Tuttavia, per lo stesso motivo, ciò è il grande limite del videogioco. Mentre giocavo a Layers of Fear, provavo effettivamente ansia e angoscia a ogni spostamento ma sapevo che non si sarebbero potuto spingere a generare una sequela di eventi continui con il rischio, dal un lato di provocare danni ai giocatori e dall’altro di far semplicemente smettere di giocare. Una sorta di regola tacita e non scritta che però mantiene il livello di tensione nel videogioco a livelli più o meno costanti e percepibili. Il giocatore sa che ci sono zone sicure, sa che avrà momenti di pausa fra una sequenza e l’altra. Questo è il grande limite del videogioco horror.

Per un’estetica d’Atmosfera

Vale per tutti i generi, ma in particolar modo per l’horror: il modo migliore per generare una sensazione è che essa provenga direttamente dal significato rappresentativo o simbolico di ciò che viene narrato. Il “come” svolge un ruolo essenziale ma è il significato intrinseco ad avere il sopravvento quando si vuole far provare qualcosa allo spettatore/fruitore. Per fare un esempio specifico: il Sublime Kantiano si realizza, in ambito videoludico , in maniera perfetta con Resident Evil 2. Spazi ampi e maestose a fronte di uomini normali, musiche evocative e oniriche, paura per l’ignoto dietro l’angolo, dato dalla gestione della telecamera fissa, generano la sensazione di piccolezza tipica del Sublime come spiegato da Kant. Non è il singolo Jumpscare, che pure è presente, e nemmeno il Gore, evidenziato dai disclaimer all’avvio del titolo, ma la comprensione, multisensoriale e razionale, di trovarsi all’interno di un luogo maestoso, gotico, infinito e pieno di pericoli, narrativamente spinto dalla situazione contingente e, ovviamente, mal preparato.

La Hall della scuola di polizia di Resident Evil 2 riprodotta con l’Unreal Engine 4.

Per concludere questa trattazione di Halloween a tema Horror, gradirei che ci si focalizzasse di più nella generazione narrativa ed estetica di significati paurosi e angoscianti e non nelle pratiche abusate del jumpscare. In questo modo, con la ripresa dei maestri come Hitchcock, riusciremmo a far compiere ai titoli del genere quel balzo in avanti auspicato da Hideo Kojima. Buon Halloween a tutti i nostri lettori.


Omega

Laureato in Filosofia, ricerca e difende la Verità anche in campo Estetico.