Era una notte di Luna piena come tante, in un malinconico autunno privo di eventi che scorreva languido fra una morente foglia ed un buon tè ai fiori d’arancio. Un assonnato, e dimenticabile, martedì conobbe però l’indimenticabile: la Dc annunciò Lanterna Verde Terra uno. I miei amati verdini stavano per ricevere la loro storia in questo fantomatico universo parallelo che rispondeva al nome di “Terra uno”. Prime indiscrezioni parlavano di una storia in moderno stile scifi. Realistico, epocale, un Interstellar a fumetti. Penna di Corinna Bechko; già autrice di Star wars, Invisible Republic e Pianeta delle scimmie. Insomma, abituata al giusto mood, era accompagnata alle matite dal fidato compagno d’ascia, Gabriel Hardman (di nuovo Invisible republic). Team creativo rodato, abituato, pompato. Tempo qualche settimana, ed ecco che la rete si colora un po’ più di verde con la nuovissima e fomentatissima copertina di Green Lantern Earth One. Le premesse ci sono tutte; e il sottoscritto già pregusta, accompagnato dal suo solito tè, il prossimo articolo: « “lanterne e fantascienza moderna”, sì. Suona bene. Semplice, d’impatto». Destino vuole che un articolo sulle lanterne nel frattempo sia già venuto alla luce; molto generale, di introduzione.

Sì insomma, a quanto pare era tutto predisposto per poter parlare, con le premesse ormai alle spalle, di quest’opera che si prospettava rivoluzionaria. Fa cagare. Dico davvero, poco più di un centinaio di pagine che ho faticato a terminare. Non tanto colpa dei disegni, i quali in verità in certi frangenti mi hanno saputo stupire (pur mancando però tanto la dinamicità quanto l’espressività nei volti) quanto della sceneggiatura. La quale, in sintesi, è didascalica. Poco sentita, fredda, tendenziosa, innaturale, con una narrazione tanto stereotipata quanto lineare. Il tutto corredato da tempi decisamente mal gestiti. Ma andiamo con calma. L’incipit, e in realtà l’idea di fondo, è davvero ottima. Vi è la volontà di reinventare totalmente le lanterne verdi. Non c’è un corpo delle lanterne, o meglio, non vi è più. Una missione spaziale finita in modo inaspettato (in realtà molto poco inaspettato, non so quante volte abbia visto questa specifica sequenza di eventi al cinema), apre le porte ad una ricerca quasi archeologica e ad un viaggio decisamente disperato di due storiche lanterne verdi, ma che si sono appena conosciute: Hal Jordan e Kilowog. Entrambi con una psicologia inedita, devono fare i conti con i Manhunters. Storici antagonisti, i quali, in questo universo, vengono proiettati cronologicamente molto dopo rispetto a quanto ne sappiamo noi. Il funzionamento degli anelli rimane però identico, ma senza far mai riferimento esplicito alla volontà e all’immaginazione del portatore; inevitabile assenza dunque anche dei costrutti più fantasiosi. In questo si riscontra certamente la volontà di rendere maggiormente realistico lo spettro emozionale, ma questa mancanza di “sentimenti” non va che ad aggiungersi alle mancanze “emotive” già riscontrate: volti poco espressivi e dialoghi neutri. La sensazione, leggendo quest’opera, è quella di aver a che fare con un lavoro superficiale. In un modo – paradossalmente – davvero profondo: non è viscerale, non vi è davvero eroismo, non vi sono nemmeno reazioni naturali. Sembrano tutti degli autonomi, non ci sta spazio per l’espressività; che è obiettivamente l’elemento caratterizzante delle lanterne (aldilà del loro colore). Il realismo, nel suo pretendere, sembra aver ucciso – nell’essenza – le lanterne verdi, e fino in fondo è probabilmente l’unica vera – ma fondamentale – mancanza di questa storia. Da un punto di vista tecnico, e ancora legato alla mancanza riscontrata, come ho detto, ci sono svariati problemi. I dialoghi risultano didascalici in modo paranormale. Tenete presente quando un certo autore vuole dirvi qualcosa ma lo fa con la bocca di un personaggio? E nel farlo si spinge  al punto che il dialogo risulta palesemente fatto a posta e quindi finto, fuori luogo, tendenzioso e innaturale, tipo cartoni educativi? Ecco. A tratti ho avuto la sensazione di aver dinanzi Dora l’esploratrice (spaziale), con il suo fare moralista e nel suo parlare con gli altri solo per poter parlare a VOI. Elemento nell’arte davvero importante, ma se non mascherato elegantemente, risulta pateticamente brutto. Non vi è allusività né spazio alle interpretazioni. L’autrice vi sta parlando direttamente, e basta. Vi vuole dare la sua interpretazione delle lanterne, e dunque i suoi personaggi sono solo fantocci. Non avete mai l’impressione che quella sia una storia, un racconto; in quella magica illusione in cui tutto sembra “reale”, almeno in qualche regione dell’etere.

MA CHE DIAMINE, ME NE RENDO CONTO DA SOLO, NO? bastava un americanissimo “oh…merda”. Dove “oh” mi fa capire che hai capito cosa sia successo e “merda” e niente, merda è l’unica cosa che puoi dire se hai bisogno di parlare con un alieno che parla klingoniano.

Ecco, meglio.

oddio, è un tizio morto?

– non ne sono sicuro…

– Jordan, quello è…

-… un alieno?

– l’anello…

– è lo stesso materiale di quella cosa…che brilla. che pensi che sia?

-penso che sia qualcosa di più di un anello

Unica reazione possibile.

Ok ok, scusate lo sfogo ma insomma entri in una nave spaziale palesemente aliena, al suo interno hai trovato già un robot che hai definito “cosa strepitosa”, trovi un alieno palesemente alieno e palesemente morto e ti poni il dubbio se sia morto e se sia un alieno? Però poi sei tanto arguto da capire, solo dallo sguardo, che l’anello appena ritrovato è dello stesso materiale della lanterna ritrovata poc’anzi. Dimostri una conoscenza dei materiali (alieni) inaudita ma il meglio che sai fare per definire l’oggetto ritrovato è “cosa che brilla”?

..e distintivo.

Insomma, se alla fine fa così schifo perché parlarne? Per farvi risparmiare qualche euro? No, cioè non fraintendetemi: NON COMPRATELO, ma non ho mai detto di essere altruista. Se ve ne parlo è perché, come ho detto, l’idea è davvero ottima, e con le giuste compensazioni, a mio avviso sarebbe davvero un brillante modo per portare su grande schermo questi poliziotti spaziali. Ne abbiamo già parlato nel precedente articolo di come, un problema di fondo delle lanterne verdi, stia nel fatto che lo spettro emozionale, e con esso tutto il sistema mediante il quale è possibile fare il culo ai cattivoni con pacchi di volontà verde, sia un’idea quantomeno bizzarra; ne abbiamo visti i limiti al cinema, dove – anche per questa ragione – il primo tentativo cinematografico sia stato un aborto a pellicola.

Ciao! Sono il film di Lanterna verde e faccio schifo a chiunque!

In Terra Uno non abbiamo un vero e proprio corpo di polizia, e con la sua mancanza, nemmeno tutto ciò che di bislacco era conservato su grande schermo. Non abbiamo la possibilità – per quanto ne sappiamo – di creare costrutti strambi: è tutto molto più essenziale e asciutto. Brillante, inoltre, l’idea di spostare cronologicamente i Manhunters; che qui conosciamo nelle vesti del corpo di polizia definitivo, anziché un tentativo precedente alle lanterne stesse: niente volontà, niente arbitrio, niente corruzione. Le parti più affascinanti dell’opera, che strizzano l’occhio a Star Wars, sono però eclissate. Schiacciate temporalmente in una tavola. Sto parlando del tema del viaggio, della ricerca (sì, un pelo di Star Trek), degli incontri bizzarri, dei falò sui pianeti alieni. Abbiamo, dunque, due protagonisti un po’ archeologi e un po’ barboni alla ricerca della verità. Essa ovviamente verrà alla luce ma, ahimè, in un imbarazzante spiegone.
Uno fra i tanti espedienti beceri che utilizza l’autrice per proiettarvi in questo finto mondo, infatti, prevede l’introduzione del classico saggio vegliardo che vi spiega – guarda un po’ che fortuna – tutto ciò che vi serve sapere per capire tutto; come se sapesse delle vostra presenza. Tutta la verità è sepolta, e purtroppo, non lo rimane a lungo. Ogni cosa viene risolta in un patetico epilogo. Per farla breve, vi è una sorta di limitatore nella batteria centrale che limita il potere di ogni lanterna; una volta risolto l’inghippo, possono picchiare i robottoni. Lo risolvono? Potete scommetterci. Il finale vuole colpirvi con un cliff hanger che preveda l’introduzione delle lanterne gialle (anche qui mancante il riferimento all’emozione corrispondete. Inoltre, il suddetto corpo è posto come un’altra strampalata idea di un guardiano anziché di Sinestro) ma non lo fa, e anzi semi plagia il finale del film di lanterna verde, che come è risaputo, è una merda. Quindi fra stereotipi, plagi vari, linearità e dialoghi pigri, finalmente il volume giunge al termine. Mostrando limiti e potenzialità di un adattamento realistico.

eeeeh ma guarda un po’ che sfortuna.

Anelli ed esistenze

Sarei però ingiusto se prendessi questo singolo caso come indicativo e formulassi un giudizio definitivo del tipo ” un adattamento realistico per le lanterne non funziona”. Perché, e ve ne sarete resi conto da soli, i problemi sono esclusivi di QUESTO tentativo. Compensato con un ottimo reparto tecnico, e dando il giusto ruolo alle emozioni, io sono dell’idea che non solo sia possibile, ma sia importante realizzarlo. Perché? Perché le lanterne verdi sono esattamente tutto ciò che non traspare da Terra uno: sono eroi e sono emotivi, e sono eroi proprio perché sono emotivi, mannaggia Kristen Stewart!

Ogni emozione, tutte appartenenti a ciò che definiamo “individuo” o “persona”, sono poste al loro giusto grado, e anzi, sono massimamente esaltate. Ogni individuo, che presenta una (fra le tante) emozione fuori dal comune, è capace di gesti fuori dal comune. Che tu sia nato umano, kriptnoniano, gatto o quel che vuoi, se hai una grande forza di volontà, diventi una lanterna verde. Nessun diritto di nascita, nessuna meta-natura. Sei quello che sei, e solo per questo, sei un eroe; almeno per qualcuno. Sei rabbioso? Okok, non ti farà bene esserlo ma almeno avrai tanti compagni pronti ad accettarti per quel che sei. Questo vale anche per la paura, la speranza o la compassione (non per l’avarizia però). Le lanterne ti insegnano che il diverso è ok; che non sei solo, e che anzi, insieme componete una delle più grandi forze dell’universo; e potete ben dirlo non in virtù dell’anello al dito, ma per merito dell’emozione dentro di voi. Le esistenze sono dunque al centro dell’universo Dc, nella loro interezza. Pur divisi in più colori – e in più emozioni – non viene mai meno l’unità. L’esistenza al centro, individuale e collettiva, una forza che riassume il cosmo e può dominarlo, esaltazione dell’aspetto emozionale degli individui, un esistere che si differenzia dal semplice esser-presente delle cose. Mmmh, a me puzza di esistenzialismo!

Ora proporvi una visione univoca di cosa sia l’esistenzialismo sarebbe un calvario, e né vi sto dicendo di dare in mano (in un modo ancor più complesso, devo ammettere) Lanterna verde a Kafka (…o forse sì?) ma sicuramente se dovessi trovare una parola, storicamente pregna di significato, che riassuma le mancanze di Terra uno, userei questa. Per porvi una formula direi, dunque, che un film di Lanterna verde dovrebbe essere un Terra uno ma esistenzialista. Vi piace così? Un realismo che porti con sé una buona dose di surrealismo. Un’opera visiva, concettuale, metafisica, allucinata, paradossale, viscerale, mentale su una tela fantascientifica. Ma non innamoratevi troppo dell’idea, io sono solo un povero stronzo e la Warner Bros non mi fa certo ben sperare. Accantonando però gli aspetti più assurdi di un film esistenzialista sulle Lanterne verdi, un aspetto più ingenuo – ma non meno importante – potrebbe benissimo mostrarsi nel cinema più mainstream: l’essere un eroe. Pochi possono vantare un eroismo al pari delle migliori lanterne verdi, e solo tenendo conto che sono ricalcati sull’immagine del poliziotto americano (e del pompiere americano), possiamo capirne il potere emotivo. Solo la loro esistenza rappresenta un continuo ringraziamento agli eroi del mondo reale. Cameratismo, eroismo, atteggiamenti hard boiled. Un eroismo molto reale, poco avvezzo al buonismo supermeniano o all’oscurità patologica del pipestrello di Gotham. Pur contornati da bizzarrie continue, le lanterne verdi sono innanzitutto individui reali con problemi reali. Con l’anello nel cassetto non sono dissimili da un qualunque poliziotto fuori servizio, ed è davvero facile immedesimarsi con uno di loro. Il realismo è proprio delle lanterne verdi, ma è un realismo che appartiene ad un mondo bislacco come è quello della Dc. Fatto di scimmie parlanti, realtà parallele al limite della decenza, mostri della palude e Mr mxyzptlk. Cosa pretendete?

Una buona storia, solida nei suoi aspetti esistenziali, che non si vergogni della genesi delle Lanterne verdi tristemente occultata dietro ad una gonna – ma che al contrario – la valorizzi, è ciò che in molti vorremmo vedere. Con un incipit fantascientifico, un corpus archeologico, un climax emotivo ed un filo conduttore surrealistico, l’oscar sarebbe già in tasca (e sennò so’ stronzi tutti).

ps: avevo promesso che vi avrei parlato delle lanterne blu in un prossimo articolo dedicato alle Lanterne e quindi… LE LANTERNE BLU SONO BELLE.

Bonus.


Lanterna Verde Terra Uno

3.9

Sceneggiatura

1.3/10

Disegni

6.5/10

Pros

  • Ottima Idea

Cons

  • Tutto il resto

Zeno

Laureato in filosofia, maestro d'ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà. Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.