Salve a tutti gli internauti, se siete giunti qui attraverso Facebook, Telegram o quant’altro allora ci sono 9 probabilità su 10 che voi meritiate tutte le cattiverie che sto per gettarvi addosso.

Questo è il primo articolo di una rubrica che mi piacerebbe chiamare Estemporanea-mente, nella quale senza troppe cerimonie vi dico la mia su fumetti, film e prodotti di intrattenimento in generale che mi sono piaciuti o no. Per qualcosa di più approfondito vi suggerisco di rivolgervi ad altre rubriche. Qui ci sono soltanto io che vi vomito addosso i miei pensieri.

Oggi vorrei parlarvi de “La cronaca degli insetti umani” un manga di Osamu Tezuka edito la prima volta nel 1970. Non starò qui a farvi spoiler feroci sulla trama (anche perché il 90% di voi che mi leggete sicuramente non ne avete mai sentito parlare) ma vi racconterò ridotta all’osso qual è l’essenza di questa storia. Toshiko Tomura è una donna poliedrica, nonostante abbia solo 23 anni è stata attrice di teatro, è riconosciuta a livello internazionale come designer di grande talento e ultimamente ha vinto anche il prestigioso premio Akutagawa grazie al suo romanzo dal titolo “La cronaca degli insetti umani”.

Insomma è una donna bella e apprezzata da tutti, perfino dalla schizzinosa alta società, ma dietro alla sua sfavillante apparenza la giovane Tomura nasconde un segreto: lei è una donna senza talento. Una persona insignificante, banale come ce ne sono mille altre. Il suo appartamento è pieno di tutti gli oggetti che una qualsiasi ragazza provinciale raccoglie, magari incuriosita da quel fascino dell’esotico. Ma allora come è riuscita lei, ragazza qualunque,  a conseguire nel giro di pochi anni tutti quei riconoscimenti?

La risposta è semplice. Viviamo in un mondo fatto per lo più di apparenze. Nonostante siano passati quasi cinquant’anni dalla pubblicazione di questa opera, il maestro Tezuka riesce a comunicare ancora qualcosa a noi, generazione dei social, generazione in cui non esistono pensieri originali e tutte le nostre idee sono sapientemente rubate da altri. L’autore mette in parallelo la società umana (soprattutto quella del Giappone del boom economico) e quella degli insetti. Fa vedere come la società sia diventata una giungla sociale nella quale sopravvivono i più forti, o i più furbi in alcuni casi. Toshiko Tomura, banale e irritante ragazza di campagna non è nient’altro che il risultato di questa cultura delle apparenze, come molti di voi stronzi che mi state leggendo, fatevi un esame di coscienza e vedete se siete completamente innocenti, io non lo sono. Tutti i capitoli hanno nomi di insetti come la cicala, la cicadella la cerambice e la locusta, tutti animali che come la protagonista svolgono più cambi di pelle durante la loro vita. Tomura è essenzialmente questo, un animale che cambia in continuazione la sua apparenza, svestendosi di quella vecchia per assumerne una nuova e più consona all’occasione come ad esempio “ tafani che imitano vespe, o farfalle atossiche che imitano farfalle velenose… si dice vi siano addirittura farfalle che si camuffano fino a diventare identiche a civette. Tutti loro conoscono fin dalla nascita il modo di proteggersi, imitando altri animali!”

 

La ragazza insomma muta a seconda delle contingenze, lo fa per sopravvivere, lo fa per non dover accettare l’idea di essere un nessuno, una persona mediocre e insignificante, persona che rivela soltanto davanti alla madre o al fantoccio che ne assume le sembianze. Osamu Tezuka ha creato un personaggio sostanzialmente debole e insicuro, che deve ricorrere alla mimesi per poter continuare a vivere e scalare i gradini della società. Ma tramite lei l’autore ha voluto comunicarci quanto sia patetica la vita di chi finge e continua a fingere anche quando ormai non ha più alcun significato farlo, perché per quanto perfetta possa essere la messa in scena, come Tomura nessuno riuscirà ad affrancarsi dalla forte sensazione di vuoto e di solitudine che questa recita interminabile porta con sé. Perché alla fine della fiera, dopo tutte le trasformazioni e i sotterfugi, cosa resta? Le rovine dell’antica Grecia. Gusci vuoti di una bellezza indescrivibile, ma pur sempre gusci vuoti.


Halflie

Studente di fumetto con il vizio dell'università. Bugiardo occasionale e accanito scrittore e sceneggiatore di storie che non pubblicherà mai. Parla fluentemente italiano e inglese. Parla anche un po' di francese, ma soltanto per lanciare insulti a mezza bocca.