Avendo seguito la serie da lungo tempo non me la sentivo di far passare il finale senza nemmeno dire una parola su una serie tv che, nel bene o nel male, è stata capace di darci tante ore di buon intrattenimento, speculazioni e hype. Innanzitutto voglio dire che sì, il finale de Il Trono di Spade è riuscito a emozionarmi. Ma l’emozione la provo per quasi tutti i finali. Ciò che mi commuove è l’idea del punto fermo, dell’aver messo definitivamente fine a una storia che è durata anni e alla quale c’eravamo abituati.

Orrida, vecchia sedia!

Da lettore dei libri, penso che molte delle scelte operate a livello di sceneggiatura e sviluppo dei personaggi siano discutibili, ma bisogna avere l’onestà di non tirare in ballo la saga letteraria giacché era chiaro da diverse stagioni che questo adattamento televisivo aveva preso una piega diversa rispetto ai romanzi dai quali è tratto. Tuttavia non si può sorvolare su certe scelte poco lungimiranti che David Benioff e Daniel Brett Weiss hanno compiuto in queste ultime due stagioni.

La cosa che subito balza all’occhio dello spettatore più attento è che l’importanza che nella sesta e nella settima stagione era stata data a Jon Snow e alle sue origini ha perso nell’ultima stagione qualsiasi rilevanza. La stessa storia del principe che è stato promesso, che nella scorsa stagione veniva ancora nominato da Melisandre, in questi ultimi sei episodi è stata completamente abbandonata.  Io posso capire che la mancanza di tempo (tra l’altro autoimposta dagli stessi Benioff e Weiss) abbia reso necessario l’abbandono di alcune linee narrative, ma questo si sapeva già al tempo della settima stagione, quindi non capisco perché non sia stata abbandonata già allora quando si sapeva quanto breve sarebbero state le ultime due.

Per quanto riguarda ciò che abbiamo visto in questi sei episodi finali ci sono molte cose che mi hanno fatto storcere il naso. Tralasciando la risoluzione della 8×03 che, per quanto mi sia piaciuta registicamente, ha banalizzato il pericolo rappresentato dagli Estranei e dal Re della Notte, possiamo ravvisare parecchie incongruenze e problemi di continuità narrativa. Una fra tutte (forse la più criticabile) è la dubbia pericolosità degli scorpioni (o balestroni) che nel quarto episodio riescono a buttare giù un drago come fosse una mosca, mentre nel penultimo risultano utili come un culo senza il buco (scusate il francesismo). Perché è successo questo? Semplicemente perché gli sceneggiatori dovevano trovare in tutti i modi un espediente per giustificare la discesa nella follia di Daenerys.

Su quest’ultima cosa poi c’è un grosso problema di fondo: lo scoppio d’ira di Daenerys è troppo improvviso e consumato troppo velocemente. Il desiderio di “liberare” tutto il mondo col fuoco e col sangue non è stato mai costruito e si regge in maniera posticcia su tutte le azioni crudeli che ha compiuto verso i padroni della baia degli schiavisti. Infine ha una risoluzione nell’ultimo episodio troppo veloce e avvilente per il personaggio (che viene fatto fuori senza il minimo pathos). Non voglio approfondire poi come la relativa docilità di Drogon, degli Immacolati e dei Dotraki di fronte alla morte della regina sia una scelta di sceneggiatura molto comoda per tagliare corto e arrivare al finale.

Vedendo a posteriori cosa è successo si può concludere che non sono state le scelte narrative a scontentare molti dei fan, ma la frettolosità con cui queste sono state realizzate. Il Trono di Spade ci aveva abituati a un certo ritmo molto decompresso che nelle ultime due stagioni è stato brutalmente stravolto.


Halflie

Studente di fumetto con il vizio dell'università. Bugiardo occasionale e accanito scrittore e sceneggiatore di storie che non pubblicherà mai. Parla fluentemente italiano e inglese. Parla anche un po' di francese, ma soltanto per lanciare insulti a mezza bocca.