È tempo di cambiamenti repentini, attestati – tanto per cambiare e tanto per cominciare – con un’anomalia  di Mjolnir, ora apparentemente svincolato dal suo “peso morale” e disponibile a chiunque. L’immagine della fine, provocata dall’inverno nero, tormenta Thor, e lo porta ad un ulteriore cambiamento emotivo: preoccupato certamente per sé, ma anche per il suo regno. Da questo peso della corona, si declina l’anomalo peso di Mjolnir, ironicamente pesante solo per il suo legittimo proprietario e leggero per chiunque altro. L’emotività con cui si apre il secondo arco narrativo di Donny Cates è amplificata dal tentativo, da parte del Re di Asgard, di recuperare il rapporto con Beta Rey, irrimediabilmente travolto nel corso del primo arco narrativo.

Più Martelli per tutti

Nel testare una sua teoria, veritiera, Thor spedisce nuovamente Mjolnir su Midgard (grande classico). E qui succede il previsto: chiunque può sollevare Mjolnir. Thor, intanto, è preoccupato per Thanos, e Beta Rey che, come sappiamo (vedi qui), ha fatto squadra con i guardiani, lo rassicura del fatto che il titano sia ormai andato. Questi – già morto in Infinity wars – aveva creato una coscienza di backup nel fratello Eros, ma prima che tutto si realizzasse, i due quasi Thanos sono finiti in un buco nero apertogli nel suo stesso stomaco, implosi e spariti “”per sempre””. Ma qualora dovessero tornare, a Beta Rey serve un nuovo martello, data la fine miserabile di stormbreaker causata da Thor stesso.

Thor si reca su Midgard, qui ad aspettarlo ci sarà il nuovo e temporaneo Dio del Tuono insieme ad Iron Man. Iron man, Mjolnir in una landa desolata… okok, tutto già visto. Un siparietto che serve solamente a confermare l’ipotesi di Thor e porre una conversazione dura ma utile con Tony .

Essere un Serpente

La storia di Asgard è costellata da eterne e leggendarie battaglie. Una fra le quali, riguarda quella di Odino prima e Thor dopo, con il serpente del mondo. Una battaglia avviluppata tra i rami di Yggdrasill. Una battaglia, fra le tante, che come tutte, sarà tramandata alle nuove generazioni di Dei. In attesa di ciò, Odino per insegnare al suo erede la fragilità degli umani che gli Aesir proteggono, crea con la sua magia un’ombra intorno a Thor, un’identità nuova e umana. Che come sapranno i lettori più vetusti, o più fedeli, prende le sembianze del fragile, ma rassicurante, Dottor Donald Blake. In un periodo di tale stress per Thor, non sarebbe più facile tornare ad essere un semplice essere umano per un po’? Che ci sarebbe di male?

Ecco, questa seconda storia di Cates parte da una domanda semplicissima dell’autore: quando Thor viene richiamato da Blake, quest’ultimo dove finisce? Da nessuna parte, letteralmente in un luogo privo di alcuna menzione. Un quartiere residenziale, una villetta fra le tante, con una vita fra le tante. Una simulazione ripetitiva della tipica vita dell’americano medio, la stessa di Visione di Tom King e con lo stesso senso di oppressione. Non ci stupiamo, dunque, se il nostro dottore impazzisce e nell’impazzire rompe la simulazione. Ma andiamo per gradi.

Thor sente il peso delle responsabilità da Re. In aggiunta alle quali ci stanno quelle relative al primo arco narrativo ed una minaccia definitiva solamente posticipata. Fra una birra e un’altra, il nuovo Re confessa al fratello Loki – al momento non più Dio delle menzogne, bensì Dio delle storie e della mitologia, che suona meglio – di voler far tornare Donald Blake per un po’. Assaporare l’idea di non essere qualcuno, di non dover affrontare crisi cosmiche o profezie nefaste per qualche giorno, poter camminare fra i mortali da mortale senza alcun peso. Al momento dello scambio, quando Thor discende nel sonno degli antichi – per poter dialogare con i precedenti Re – permette a Donald di emergere, ma quel che questa volta accade è devastante: Thor assiste alla distruzione completa della simulazione, operata da Blake. E fra i morti, figura proprio il serpente del mondo.

Protagonista della storia tramandata da Re in Re, lì accasciato e deturpato non da un Re, ma dalla sua ombra. Giunto ad Asgard, Donald attacca anche Loki tramite una peculiare commistione di conoscenze anatomiche, tagli netti di un bisturi e il potere rubato al serpente del mondo. Qui le Splash Page si moltiplicano e ciò che viene richiesto a Nic Klein, viene restituito ampiamente. Alcune sbavature notate nel primo arco narrativo, qui non sono pervenute, dandoci chiarezza e pulizia anche nelle Splash page più caotiche. Uno scontro dopo l’altro per Donald Blake. Un essere di puro dolore. Una vita che è una finzione. I suoi ricordi sono falsi. È tutto frutto della magia di Odino. Esiste solo per insegnare qualcosa a Thor. Non vale niente, dunque. Se esisti per insegnare qualcosa a qualcuno che è intelligente come una peonia…beh, non è bello.

Una Magia Rotta

Ma come ha fatto Donald a rendersi conto dell’illusione, distruggerla, massacrare il serpente e poi anche gli asgardiani? Tutta colpa del serpente del mondo, tanto per cambiare. Cosa mai aspettarsi da un figlio di Loki? Questi sapeva della realtà simulata in cui si trovava Blake, ma Odino gli ha sempre negato il passaggio. Tuttavia, col cambio di regia ad Asgard, il potere è passato a Thor; ma la magia di Thor è malata, rotta, come dimostra il comportamento di Mjolnir. Questo stato di cose ha aperto una crepa in quella realtà e il serpente del mondo, come il serpente della Genesi, si è insinuato curioso e pronto a irretire. E questo fa. Rivela la verità a Donald e gli dona il suo potere. Due ombre nel gioco di Odino, unite per contrastarlo. Tuttavia, Blake trova dentro di sé un altro potere: la magia di Odino stesso. In tal modo egli detiene sia il potere del serpente che delle divinità, lui è il nuovo drago ancor più brutto del precedente. Un’ennesima commistione di poteri molto tamarra alla Cates. 

Ora che ha anche la spada del guardiano del Bifrost (altra commistione), Blake può andare dove vuole. E va su Midgard, da Jane Foster. Un momento di debolezza di Donald gli impedisce di ucciderla, quando percepisce che Jane lo aveva amato sinceramente, lui e non Odinson. La sua furia omicida, nei confronti di ogni Thor esistente, si arresta con lei, in un solo atto di immaginazione e di non realizzazione.

Ucciso Roger Norvel, il Thor roscio dei tempi che furono, si va alla ricerca di Throg. Cates, nel ripescone dal passato, usa il passato stesso per uccidere altri momenti della storia editoriale di Thor. Quasi come un serpente che si mangia la coda…ironico.

Il cadavere di Roger, visto da Jane, le fa credere – con sommo dispiacere – che il suo vecchio amico e amante possa essere un’assassino. Donald, che è davvero un assassino, intanto sta conducendo una battaglia con ben due esponenti dei Pet Avengers, uno dei quali vecchia conoscenza dei lavori precedenti di Cates per la Marvel: Lockjaw.

Egli è alla caccia di ogni essere che ha in sé la magia di Odino. Per questa ragione si scontra anche con il Dr Strange (con cui questa storia diventa sempre più ampia). Il quale per colpire l’usurpatore Loki [ricordiamo come per una breve finestra temporale sia stato lui lo stregone supremo, NdR] sfruttò proprio la magia di Odino. Col contatto con Stephen, Donald comprende la realtà. La fonte di quella magia è Yggdrasill stesso, e pertanto è lì che si reca, per uccidere l’albero della vita. E l’insolenza di Cates non si arresta mica qui, portandoci addirittura un Odino Hipster:

Fortunatamente, a far compagnia ad un look discutibilissimo, vi è uno stato emotivo profondo e appagante. Un veloce e prezioso excursus su cosa significa esser l’infallibile Odino e fallire dove più conta. Incapace di tenere insieme una famiglia, la quale fa acqua da tutte le parti, e ora anche senza magia, e dunque senza il suo prodigioso potere. Cosa significa essere Odino quando ora il Re è Thor? Cosa resta di una persona sola, se non le leggende? Avrà ancora un’identità sua senza corona?

Se Valchiria non basta, se Thor è imprigionato, chi chiamare? Odino? Sì, ma solo se questi è al pieno del proprio potenziale, cosa che non è. E allora? Si chiamano tutti gli altri.

È molto divertente leggere, in pochi pannelli, la disperata vacuità del padre di tutti. Ora senza moglie, senza regno, solo con la sua birra e un nuovo taglio di capelli. Alla richiesta di aiuto di Jane, per suo figlio, e solo perché è tutta colpa sua, Odino accetta…Prey and pray.

Il sangue di Yggdrasill sgorga, ed è questa la soluzione nascosta all’agire di Donald che, non volendo, si sabota da solo. Proprio la sua furia apre la possibilità di distruggerlo; come di norma fa Thanos, ennesima ombra che attanaglia la mente di Thor.

Il potere di Thor sgorga furente, quanto basta per rendersi rintracciabile dai suoi corvi; questi lo aiuteranno a trasportare il suo spirito, non potendo far nulla per il suo corpo. È il dove decidono di trasferirlo che è la parte divertente: nel Distruttore. Non aspettiamoci nessuno scontro all’ultimo sangue. Sarà questione di poco. D’altronde con Odino in armatura da gran festa, Thor-Distruttore, Mjolnir svincolato dal proprio padrone e temporaneamente in mano al nuovamente potente Beta Rey e Dottor Strange, lo scontro non può che finire ripidamente. Thor, che ora è Re, sentenzia il destino di Donald come consigliato da Loki e non come vorrebbe il proprio padre: il quale sarebbe ben lieto di risolversela da solo essendo una sua vecchia responsabilità. Sarà proprio Loki a ricomporre il bastone (porta dimensionale) di Donald, permettendo a Thor di tornare nella propria dimensione. Decisione di entrambi quella di non uccidere il proprio “fratello”, d’altronde è momentaneamente vacante lo scranno del Dio della menzogna. Brutto affare.

Conclusioni dopo le concussioni

Nonostante non mi aspettassi uno scontro decisivo, bisogna ammettere che la conclusione di questo arco narrativo risulta oltre modo frettolosa. L’enfasi sulle premesse e lo sviluppo, lasciava credere delle conseguenze di ampio spettro…che le cose non finiscano qui? D’altronde chi è più viscido, chi è che maggiormente si divincola dalla prigionia di un Dio della menzogna e ora anche con il sangue di un serpente nel proprio corpo? Preso però per quel che è, questo arco narrativo presenta un paio di idee davvero interessanti. Un rapporto complesso col passato: ereditare le responsabilità paterne significa anche risolvere gli errori di Odino e Donald è uno di questi. Il passato editoriale, con la controfigura umana di Thor, tale da renderlo – come tanti altri – un supereroe dall’identità segreta che, all’occorrenza, si trasforma in un baldanzoso e aitanti scandinavo dai fluenti capelli d’oro, viene qui rovesciato.

Una strana riflessione, un punto di vista interessante sull’idea che una storia possa prender vita, che un personaggio fittizio possa interagire col mondo materiale. Mr Prep mi ha detto: “questa sarebbe stata una bella storia se fosse stata scritta da Neil Gaiman” e mi trova d’accordo, e aggiungete anche Alan Moore con Promethea. Nonostante Cates non sia nessuno dei due neanche lontanamente, e che prenda le cose dalla prospettiva più tamarra possibile, non mi sento di dire che sia un arco narrativo brutto né che non sia un bravo scrittore, anzi. Semplicemente, il focus di questa storia non era Donald Blake, né i suoi effetti sul mondo (come forse avrebbe fatto Gaiman), bensì il fatto stesso che esista – a causa di qualcuno che si è posto poche domande di ordine etico – la sua vita sofferente, priva di valore in sé. È una riflessione sugli errori di Odino, ora nella sua peggior (ma più interessante) versione di sé e sulla complessa raccolta del testimone da parte di uno stressato Thor dalla magia rotta. Klein ha fatto un lavorone e mi piace sempre di più. Coipel alle copertine è sempre un dolce piacere, un ricordo di tempi gloriosi che, forse, non sono mai finiti. Ma solo forse.

8.4

Sceneggiatura

7.8/10

Disegni

9.0/10

Pros

  • Interessante ripescaggio dal passato, col ritorno di Donald Blake.
  • Disegni stellari.
  • Caratterizzazione brillante di Thor e Odino.

Cons

  • Conclusione sbrigativa.
  • Nonostante il focus non sia l'ennesima minaccia da risolvere, questa è spesso invadente e rischia di distrarci dagli aspetti più affascinanti di questa gestione. La tanarraggine di Cates distrae lo sceneggiatore stesso.

Zeno

Laureato in filosofia, maestro d'ascia e immenso mentitore. Passa le sue giornate ad acquistare fumetti che forse un giorno leggerà e mai recensirà. Fra le altre cose è degno di sollevare mjolnir, ha un anello delle lanterne verdi nel cassetto ed è il cugino di Hegel.